giovedì 7 febbraio 2013

Këshetët: l'acconciatura delle donne arbëreshë


(articolo di Pietro Napoletano - foto di Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro) 
 
In corrispondenza di determinati costumi, vi sono sempre particolari acconciature ornamentali e pettinature femminili che hanno contraddistinto un popolo o un'epoca. Anche alle donne italo albanesi, che indossavano  il caratteristico, sfarzoso costume, era imposta una tipica acconciatura codificata dalla tradizione: keshetet.
Trattandosi di una acconciatura elaborata, era necessaria l'opera di pettinatrici specializzate, vere professioniste che si recavano a casa delle clienti, in genere ogni setttimana, o quindici giorni, per prestare  la loro insostituibile opera: atà çe bejin keshete.
Stante la povertà lessicale della nostra lingua, non si disponeva di un sostantivo per individuare queste operatrici dei capelli, ma ci serviva di una frase idiomatica: atà çe bejin keshetet.
Adesso credo che siano del tutto scomparse, ma io ne ho conosciuto alcune, da bambino.

Kezi










 




Avevano un certo numero di clienti e tenevano un calendario delle prestazioni, che poteva subire modifiche soltanto in caso di avvenimenti e ricorrenze straordinarie.
Keshtet erano delle pettinature che le donne sposate ostentavano con compiaciuta altezzosità. Si trattava di una acconciatura rigida, che imponeva capelli tirati e spartiti sulla fronte da una scriminatura simmetrica (shteku) che era l'orgoglio delle pettinatrici. Poco più indietro delle tempie, i capelli venivano intrecciati me hjetullat e le due trecce, ripiegate e avvolte in due pezze nere (miçet), sembravano le stanghe di un carrettino poste sopra le orecchie, mentre sulla nuca le altre due treccioline ricavate, venivano annodate e ricoperte da una pezza bianca.
E bukur e shteklisur si jè ti neng eshte mosnjerì! (Bella e con la scriminatura come te, non c'è nessuna!) soleva affermare M., dopo aver realizzato keshetet alle sue clienti.
Nelle acconciature per le grandi occasioni (per lo più sposalizi), sul carrettino formato dalle trecce avvolte nelle pezze bianca e nere, veniva posto kezi: un ricco diadema di raso con ricami d'argento, fermato con uno spillone, che impreziosiva l'acconciatura stessa.
Chi lasciasse pendere, lungo le regioni temporali e fino a metà guancia, due civettuoli cernecchi, a mo' di tirabaci, veniva considerata donna leggera e disponibile.
Nelle vigilie di feste, le pettinatrici mesterianti erano sempre indaffarate, e non di rado si facevano aiutare nelle azioni preliminari del dipanare e pettinare, in modo da limitare il loro intervento alla fase ultima ed essenziale dell'acconciatura.
Nella maggior parte dei casi, le loro prestazioni venivano ricompensate in natura, ma l'aver libero l'accesso in tutte le case ed il godere dell'amicizia confidenziale di tutte le clienti, era già di per sè gratificante. E non di rado si compiacevano della loro opera come delle artiste, specie dopo aver domato un'incomposta massa di capelli ricciuti e ribelli.
 


 
 
 
 


Nessun commento:

Posta un commento