martedì 19 febbraio 2013

13 febbraio 1919, Sua Santità Papa Benedetto XV eregge la Diocesi di Lungro

 




Benedetto Vescovo
Servo dei servi di Dio, a perpetua memoria
I fedeli cattolici di rito greco, che abitavano l’Epiro e l’Albania, fuggiti a più riprese dalla dominazione dei turchi, emigrarono nella vicina Italia, ove, accolti con generosa liberalità si stabilirono nelle terre della Calabria e della Sicilia, conservando, come del resto era giusto, i costumi e le tradizioni del popolo greco, in modo particolare i riti della loro Chiesa, insieme a tutte le leggi e consuetudini che essi avevano ricevute dai loro padri ed avevano con somma cura ed amore conservate per lungo corso di secoli.
Questo modo di vivere dei profughi albanesi fu ben volentieri approvato e permesso dall’autorità pontificia, di modo che essi, al di là del proprio ciel, quasi ritrovarono la loro patria in suolo italiano.
All’inizio, come suole accadere, tutto andò bene per ambedue le parti. Ma con l’andar del tempo, raffreddatasi la carità di chi li ospitava, cominciarono a sorgere con troppa frequenza gravi e fastidiose liti, che tristemente turbavano la pace dei fedeli che, pur professavano gli stessi dogmi della medesima Chiesa. E l’origine di questi dissensi, se sorvoliamo sulle cause meno importanti, bisogna ricercarla nel fatto che i fedeli di rito greco, per quanto riguardava il governo e la disciplina, erano sottoposti alla giurisdizione ordinaria dei presuli latini, nelle cui diocesi risiedevano. Infatti questi vescovi, che ignoravano o non conoscevano bene né la liturgia né la disciplina, né le consuetudini, né le leggi e gli usi della Chiesa ortodossa unita, talora, nel governo dei sudditi fedeli di rito greco, stabilirono cose che questi stimavano lesive dei loro diritti e privilegi e così si rifiutavano tenacemente di ubbidire alle disposizioni.
A ciò si aggiunse un altro fastidioso inconveniente: l’aspra lotta fra i parroci dei due riti, particolarmente per quanto riguardava i propri rispettivi diritti nell’amministrazione dei sacramenti. Onde veniva turbata la pace tra il clero con gravissimo scandalo dei fedeli e detrimento della mutua carità.
Desideroso di mettere riparo con saggia fermezza a questi mali, che ormai serpeggiavano sia nelle diocesi della Calabria, sia in quelle della Sicilia, ove i fedeli di rito greco vivevano mescolati ai latini, il nostro predecessore, Papa Benedetto XIV, di f. m., emanò in data 26 maggio dell’anno 1742, la costituzione apostolica “Etsi Pastoralis”, nella quale, dopo di aver ammonito che voleva riconfermare e assicurare e garantire in futuro quanto fosse già stato benignamente concesso dalla S. Sede Apostolica in favore dei fedeli di rito greco, giustamente soggiunge: “….. poiché, poi, in conformità alle diverse circostanze e tempi, i Romani Pontefici e le Congregazioni dei Padri Cardinali della S. Romana Chiesa emanarono molte e diverse costituzioni apostoliche, ordinanze, risposte, editti e decreti riguardanti i greci e gli albanesi e i loro riti e consuetudini, nonché la debita sottomissione ai Presuli latini nelle cui diocesi essi dimoravano; e per questo motivo sorsero spesso e continuano a sorgere discussioni e controversie sia circa i riti greci ed albanesi, sia circa le facoltà dei loro sacerdoti, come pure circa la giurisdizione e l’autorità dei presuli e dei parroci latini; noi sollecitati dal nostro pastorale ufficio, volendo, per quanto possiamo, porre a questi mali un opportuno rimedio e rimuovere ogni causa di liti, contese, dissidi, lotte, discussioni e controversie…..” .
Perciò, quel sapientissimo Pontefice promulgò la succitata costituzione, la quale tuttavia poichè le cause dei mali avevano già messo radici, non ebbe un esisto felice.
Le contese, infatti, e le controversie, ma specialmente le defezioni all’autorità dei legittimi vescovi, e infine tutti quei mali e danni cha Papa Benedetto XIV, mosso dalla pastorale sollecitudine, si riprometteva di stroncare senza troppe difficoltà con la sua prelodata lettera, nel corso di circa due secoli andarono viepiù crescendo in tutte le regioni ove abitavano i fedeli di rito greco, e mentre dappertutto le cose erano peggiorate, qua e là si facevano più violente, con gravissimo danno della cristiana carità e persino con pericolo della fede cattolica.
In queste lamentevoli condizioni rimasero in Italia i fedeli di rito greco fino al tempo presente, senza che nessun efficace provvedimento venisse preso per risollevarle. Ora poi, giacchè sin dall’anno del Signore 1912 non fu nominato nessun successore di Giovanni Barcia, di f.m., vescovo titolare di Croia, a cui, mentre era in vita era stato affidato l’ufficio di conferire i sacri ordini ai chierici greci oriundi della Calabria e di reggere il collegio di S. Adriano in San Demetrio Corone; noi incaricammo la S. Congregazione de Propaganda Fide per gli affari dei riti orientali perché ci esponesse quanto potesse giovare alla buona e retta amministrazione e alla riforma dei fedeli di rito greco. Per questo motivo i nostri venerabili fratelli cardinali della S. Chiesa Romana, preposti alla medesima Congregazione, nel congresso plenario del giorno 19 del mese di novembre dell’anno 1917 stimarono opportuno di farci la proposta che tutti i greci della Calabria, ove in maggior numero abitano e sono soggetti ai presuli latini, vengano sottratti alla giurisdizione ordinaria dei vescovi latini per costituire un’unica diocesi di rito greco.
Questo consiglio che ci era stato proposto, noi ordinammo che fosse di nuovo e più compiutamente esaminato e discusso dai nostri venerati fratelli, anch’essi cardinali della S. Chiesa Romana, preposti alla nuova congregazione da noi fondata, cioè per la Chiesa Orientale. Questi cardinali, nel congresso generale del giorno 11 del mese di febbraio u.s., stimarono che si poteva mettere in esecuzione, se così fosse a noi piaciuto, l’erezione della nuova diocesi di rito greco in terra di Calabria.
Noi, quindi, che sin dall’inizio del nostro pontificato avevamo tanto a cuore la chiesa orientale e meditavamo cosa si dovesse fare per venire incontro con più fermezza alle necessità e al giusto decoro della chiesa universale e delle altre Chiese particolari, intuendo la opportunità del momento, raccomandammo caldamente la sunnominata proposta e la ritenemmo valida, perché pienamente consona alla nostra deliberazione.
Per cui noi, con piena apostolica autorità, decretiamo che venga canonicamente istituita immediatamente la diocesi di rito greco in terra di Calabria. E a questa diocesi, che sarà chiamata “Lungro” conferiamo ed assegniamo le seguenti parrocchie con tutti i fedeli sia di rito greco sia di rito latino, se ve ne fossero, che dimorano in esse; pertanto le stacchiamo e separiamo dalle diocesi latine, alle quali attualmente appartengono, tali parrocchie precisamente sono: dell’arcidiocesi di Rossano, San Demetrio Corone, San Giorgio albanese, Vaccarizzo, Macchia; dalla diocesi di Bisignano, San Benedetto Ullano, S, Sofia d’Epiro; dalla diocesi di Cassano, Aquaformosa, Civita, Firmo, Frascineto, Lungro, Plataci, Percile, San Basile; della diocesi di Anglona, Castroregio, Farneta, San Costantino albanese, San Paolo albanese.
Inoltre, affinchè per l’avvenire possano godere del beneficio della cura pastorale del vescovo del medesimo rito anche i non pochi fedeli di rito greco che dimorano fuori della Calabria, ma pur sempre nell’Italia meridionale, Noi con apostolica autorità ordiniamo che ai soprannominati paesi da riunire nella diocesi di Lungro vengano aggiunti i fedeli del paese chiamato Villa Badessa, della diocesi di Penne e quelli di una parrocchia della città di Lecce. Poiché, d’altra parte, in S. Cosmo, della diocesi di Rossano, esistono due parrocchie, cioè una greca e una latina, ed inoltre siccome nella predetta città di Lecce i fedeli di rito greco vivono frammisti ai fedeli di rito latino, decretiamo che in questi luoghi la giurisdizione del vescovo sia soltanto “personale”, si estenda cioè unicamente ai fedeli e al parroco di rito greco di quei luoghi, mentre i fedeli dei rito latino continueranno a rimanere sotto l’ordinaria giurisdizione dell’arcivescovo di Rossano e del vescovo di Lecce.
Erigiamo poi ed istituiamo in perpetuo la sede di questa diocesi di rito greco nel luogo chiamato Lungro; ed eleviamo ed innalziamo alla dignità e al grado di cattedrale in perpetuo la Chiesa di S. Nicola di Mira, già parrocchiale. Inoltre, come fu stabilito in passato, noi costituiamo vescovo ordinario di rito greco in Calabria il presule eletto a reggere la diocesi di Lungro, e gli affidiamo anche l’incarico e l’ufficio di rettore del collegio di San Adriano con le necessarie e convenienti facoltà.
Perciò ordiniamo a quanti spetta o possa riguardare, che riconoscano ed accettino in questo incarico ed ufficio il sopradetto vescovo di Lungro, come d’uso e secondo i patti, e a lui ubbidiscano, lo assistano e gli siano d’aiuto.
Poiché, poi, questa piccola diocesi non può avere un suo proprio seminario per la completa educazione e istruzione dei chierici più giovani, stabiliamo che per i giovanetti che diano segni di vocazione ecclesiastica siano riservati in perpetuo cinque posti sia nel nuovo seminario pontificio recentemente da noi fondato presso il monastero di S. Basilio di rito greco in Grottaferrata, sia nel collegio di S. Atanasio in Roma; stabiliamo inoltre che la diocesi or ora eretta sia immediatamente soggetta alla Santa Sede e alla Santa Congregazione per la Chiesa Orientale.
Nessuno peraltro si permetta in nessun tempo di infrangere con apostolica autorità quanto abbiamo decretato in queste lettere, né di rifiutarlo, né di contrastarlo in modo alcuno. Se poi qualcuno, che Dio non permetta, avesse la pretesa di tentarlo, sappia che egli va incontro alle pene stabilite dai sacri canoni contro chi si oppone all’esercizio della giurisdizione ecclesiastica.
Per l’esecuzione di questi mandati, poi, deleghiamo il nostro venerabile fratello Orazio Mazzella, arcivescovo di Taranto, con tutte le facoltà necessarie e convenienti allo scopo, dandogli anche la facoltà di subdelegare qualunque altro dignitario ecclesiastico e gli affidiamo anche l’incarico di disporre quanto potrà contribuire alla retta amministrazione della nuova diocesi, dopo essersi consultato col neo-eletto vescovo greco e coi reverendissimi ordinari latini, e cioè, di Rossano, Bisignano, Cassano, Penne, Lecce, Anglona, a patto però che entro sei mesi dal giorno di promulgazione di questa lettera, rimetta alla Sacra Congregazione per la Chiesa Orientale le norme da lui stabilite per ottenere la loro definitiva approvazione, ed abbia pure cura di trasmettere al medesimo Sacro Dicastero un esemplare autentico dell’avvenuta esecuzione.
Dato in Roma, presso S. Pietro, nell’anno del Signore 1919, il giorno 13 del mese di febbraio, nel quinto anno del nostro pontificato.
C. Card. Cagiano
S.R.E. Cancellarius
N. Card. Marini
S. C. pro Ecclesia Orientali a secretis
 
 
 

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