sabato 10 aprile 2021

Il Catasto Onciario di Carlo III di Borbone. Una ricerca per la nostra Storia


 



Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro

Per una conoscenza della realtà socio economica e demografica dell’Italia meridionale del XVIII secolo, il Catasto Onciario risulta essere una fonte primaria di dati, in cui viene trascritta non solo la situazione economica riguardante ciascun contribuente, attraverso la valutazione in once delle rendite espresse in ducati, ma illustra in maniera dettagliata uno scenario, anche se non molto limpido, della demografia locale. Dai Catasti è possibile ricavare una descrizione viva della struttura della popolazione, della composizione del nucleo familiare, del numero degli abitanti, della onomastica e toponomastica, del paesaggio agrario, del lavoro dei braccianti e dei massari, dello stato salutare dei cittadini, dell’utilizzo del denaro, della divisione sociale, delle professioni, dello stato di scolarizzazione, del sistema feudatario laico ed ecclesiastico, in definitiva una preziosa chiave di lettura per osservare con chiarezza il quadro generale degli aspetti fondamentali e della complessità della vita quotidiana. Un viaggio nel passato, dove si ritrovano luoghi, nomi, cognomi, antenati: la riscoperta nel piccolo delle nostre origini e della nostra Storia.

 Nel 1740 Re Carlo III, guidato dal Tanucci, pervaso della ragion di stato dell’illuminismo assoluto, decise di riformare il sistema fiscale nel Regno di Napoli. Quello secolare e vigente all’epoca si basava su due sistemi di prelievo fiscale: quello a gabella che prevedeva esclusivamente dazi gravanti sui consumi (grano, pane, olio, vino macinatura, sale ecc…) e quello a battaglione che veniva impiegato stimando i beni stabili di proprietà dei cittadini e dei redditi derivanti dalle loro attività, che detratti dei pesi, venivano sottoposti a prelievo fiscale. Il sistema a battaglione veniva adottato in poche Università, poiché la maggior parte di queste preferiva vivere a gabella.

I contribuenti, soprattutto quelli più abbienti, consolidando una prassi antica, facevano ricorso ad ogni mezzo pur di evadere le tasse, scaricando l’onere delle spese sulla povera popolazione. Obiettivo del Re illuminato, era quello di introdurre un’equa assegnazione del carico fiscale tra tutte le fasce dei sudditi, ponendo la sua attenzione, soprattutto, sulla sperequazione tra le classi sociali, per cui i ricchi pagavano, in proporzione, meno dei poveri per le esenzioni e i privilegi di cui godevano. A tal proposito, con Reale Dispaccio del 4 ottobre del 1740, Carlo III, ordinò per tutto il Regno la compilazione del Catasto Onciario, così definito per la misura utilizzata per la quantificazione dell’imposta in once. 

 In seguito, con il Concordato con la Santa Sede del 1741, cosi che, con Reale Dispaccio del 4 ottobre del 1740, ordinò, per tutto il Regno, la compilazione del Catasto Onciario, così definito per la misura utilizzata per la quantificazione dell’imposta in once. Attraverso il Concordato con la Santa Sede del 1741, inoltre, per la prima volta, gli enti ecclesiastici furono assoggettati, seppur per metà, a tassazione per i beni posseduti prima di tale data e per intero per quelli acquisiti in seguito. Dal 1741 al 1742 con la Parammatica Forma Censualis, et Capitationis sive de Catastis, la Regia Camera della Sommaria, emanò, rendendoli operativi, le istruzioni per la formazione dei Catasti e il 28 settembre del 1742, con altra Parammatica, stabilì i termini di consegna del censimento degli stessi entro quattro mesi.  

Dopo dieci anni molte Università del Regno non riuscirono a completare la compilazione del proprio Catasto; questo ritardo fu dovuto soprattutto dalla volontà dei baroni, laici ed ecclesiastici, i quali si mostrarono ostili a questa nuova forma di censimento e imposizione fiscale, preferendo, il più delle volte, l’uso dei vecchi sistemi a gabella o a battaglione. Per ovviare a ciò, il Re, nel maggio del 1753, inviò Commissari Regi per ammonire e sostenere quelle Università che non erano state ancora in grado di completare la compilazione.

Il Catasto Onciario, tuttavia, si rivelò, nella pratica, inefficace, soprattutto dal punto di vista della riforma del sistema fiscale del Regno, in quanto non pienamente applicato; infatti con la sua tentata introduzione si ottennero pochi risultati sul piano innovativo del sistema di tassazione della proprietà e dell’industria. Inamovibili rimasero i privilegi e le iniquità di criterio di distribuzione delle imposte, soprattutto riguardo i beni feudali e il patrimonio sacro che non vennero tassati e quelli ecclesiastici esentati per metà dai tributi.

Dalla stesura dei Catasti, possiamo, senza dubbio, sostenere, che si trattò di una specie di censimento di tutta la popolazione del Regno di Napoli, dove vi erano certificati le età, le professioni, gli ecclesiastici, le proprietà e il bestiame. Tuttavia i dati raccolti presentano molte lacune, in quanto non ci è possibile avere un quadro preciso sul reale numero degli abitanti del Regno, considerato che molti fuochi non venivano “accatastati,” poiché famiglie nullatenenti e quindi non rilevanti ai fini fiscali.

Tra le categorie dei privilegiati esentati da ogni imposta catastale furono i cittadini di Napoli e dei suoi casali e i cittadini di Cava dei Tirreni.  In tutto il resto del Regno, le Università furono tenute ad una serie di adempimenti per la formazione del Catasto e la ripartizione dell’imposta, che variava a seconda della specie di possessori dei beni, i quali furono iscritti nelle seguenti classi: cittadini abitanti e non, vedove e vergini in capillis, ecclesiastici secolari cittadini e forestieri, forestieri abitanti e non, chiese, monasteri, conventi e luoghi pii. 

Nella registrazione gli iscritti al Catasto venivano contraddistinti in cittadini e forestieri. Cittadini erano coloro che formavano un fuoco dell’Università, ossia residenti nativi; forestieri tutti coloro che, pur essendo originari di altri luoghi, avevano qui la residenza o possedevano immobili pagando all’autorità locale i tributi dovuti.

I laici venivano rubricati nella collettiva, mentre gli ecclesiastici venivano registrati a parte, sia che si trattasse di persone fisiche, sia di enti ed istituzioni religiose. In aggiunta i cittadini erano suddivisi in abitanti e non abitanti e tutti soggetti alla tassa del testatico, ossia del capofuoco. Erano esenti dal testatico gli inabili, i padri onusti e coloro che avevano superato il sessantesimo anno di età. 

I maschi lavoranti, componenti il nucleo familiare, venivano gravati dalla tassa d’industria, ossia una tassa personale determinata sul reddito proveniente dal lavoro, fissata in base al numero dei fuochi esistenti nell’Università, tra i quali veniva ripartito l’imposta dovuta allo Stato. Riguardo tale tassa i ragazzi fino ai 14 anni venivano esentati, mentre quelli che non avevano raggiunto il diciottesimo anno di età erano tenuti a corrispondere per la metà.

Erano esentati dalla tassa sul testatico e su quella d’industria i nobili e coloro che vivevano di rendita dell’esercizio di arti liberali (avvocati, giudici, medici, speziali ecc.), mentre tutti coloro che svolgevano attività manuali ed erano proprietari, venivano sottoposti al pagamento delle imposte fiscali.

Le vedove e le vergini in capillis, se non erano incluse in un nucleo familiare, venivano escluse dal pagamento della tassa sui beni se la rendita annuale non era superiore a sei ducati.

Infine, le chiese, cappelle, monasteri e luoghi pii erano tenuti a pagare solo la metà della bonateneza.

Tutti gli immobili, capitali, rendite e animali erano considerati beni tassabili, mentre le case di propria abitazione, che venivano egualmente censite, non costituivano oggetto di tassazione. Dalla rendita dei beni, tuttavia, dovevano essere dedotti i pesi costituiti in genere da censi e debiti di qualsiasi natura.

 Note 

L. Cervellino, Guida delle Università di tutto il Regno, Tomo II. Istruzioni e Formole date dallaRegia Camera della Sommaria per la formazione dell'intero Catasto ed Onciario. Napoli MDCCLXXVI ( Biblioteca Nazionale Vitt. Emanuele Napoli).

Foto d'Archivio.