martedì 12 marzo 2013

Una sala d'attesa

(di Selman Hasa)
Sono passati ormai più di 20 anni, da quando le prime navi stracariche di gente, a loro volta stracarica di disperazione e povertà, arrivarono nel porto di Brindisi.
L’Albania si presentava nuda, davanti all’occidente, con le sue profonde ferite, causate dal regime totalitarista. Le facce scavate dei fuggiaschi, i cappelli unti dal sudore delle fatiche subite durante il viaggio, i vestiti, tutto testimoniava il risultato dell’isollamento ed il fallimento totale del rigido comunismo albanese. Il governo ed i cittadini italiani, si solidarizzarono e soccorrono con tutti i mezzi l’emergenza dell’ondata dei poveri, sbattuta contro le loro coste.

Chi, dopo 20 anni, ha seguito il loro percorso? La maggior parte, determinati e con buona volontà, si sono inseriti affrontando dignitosamente e silenziosamente i problemi della vita quotidiana, ottenendo anche la cittadinanza. I più coraggiosi e volontariosi, hanno fondato piccole imprese, che sotto la stretta morsa della crisi mondiale, cercano di sopravvivere. Una piccola minoranza, incantata dai guadagni facili ed immediati, ha imboccato la strada della delinquenza, aumentando così il tasso della criminalità e la preocupazione dei cittadini. 

Gli stranieri, durante questi anni in Italia, sono stati testimoni e contemporaneamente contribuenti, di nuove piazze, palazzetti di sport, stadi, case di riposo ecc. In tutte le istituzioni, edifici di sanità e servizi sociali, in servizio ai cittadini, giustamente sono previsti sale d’attesa, per questione di ordine anzitutto, e per il rispetto e la comodità degli utenti. Però, c’è un’ unico posto dove si fa eccezione, dove stranamente manca questo rispetto e non viene offerto questa comodità agli utenti.

Chi ha la (s)fortuna di rinnovare i documenti di soggiorno in Italia, gli tocca fare la fila e aspettare fuori, sotto le temperature rigide invernali e torride estivi. Questo posto si chiama “Ufficio Stranieri”. Si pensava, che con la costruzione del nuovo edificio della questura di Pordenone, si dedicasse uno spazio sufficiente per trattare e rispettare umanamente questa parte di contribuenti dell tessuto economico italiano. 

Adesso, per il rinnovo del permesso o carta di soggiorno in Italia, si paga 200.00 euro a testa. Nonostante questo ulteriore costo, loro non hanno la possibilità, come i cittadini italiani, aspettare il turno del rinnovo dei documenti, dignitosamente, seduti, sotto il fresco oppure il caldo, il confort di una sala d’attesa e accoglienza umana.




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