venerdì 1 marzo 2013

Istruzione, collegi, seminari e clero greco tra il XVIII e XIX secolo nell'Arberia Italiana

( di Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro )




Le popolazioni greco albanesi, come opportunamente riporta Angelo Masci nel suo “Discorso sugli Albanesi nel Regno di Napoli “pubblicato nel 1807, vissero per più di duecento anni nell’ignoranza e anche fra i papàs una carente formazione culturale appariva nelle formi più reali. Non essendoci nell’Arberia seminari e vescovi greci ordinanti, i papàs venivano ordinati sacerdoti in Roma, presso il Pontificio Collegio  Greco, eretto il 13 gennaio del 1577 dal papa Gregorio XIII , con la Bolla “In Apostolicae sedis”. Costoro venivano consacrati al sacerdozio più per commiserazione che per sommaria erudizione e cultura teologica, infatti per ricevere la Sacra Ordinazione, costoro, erano costretti ad affrontare un lungo viaggio, spesso con mezzi poco adeguati  e su tragitti viabili quasi inesistenti, dove era sovente essere preda di orde brigantesche. Per ovviare a queste deficienze, nel 1717 il papàs Giorgio Guzzetta faceva sorgere in Piana degli Albanesi la Congregazione dell’Oratorio con un collegio per giovani studenti e, nel 1734, con la munificenza di Carlo III di Borbone, fu fondato a Palermo il Seminario Italo Albanese. Nella stessa città cinquant’anni dopo, con bolla papale di Poi VI, fu eretto un Vescovato Ordinante per il clero greco.
Nel 1715, il pio ed erudito sacerdote di rito greco di San Benedetto Ullano, Stefano Rodotà dei Coronei, ritenendo che l’ignoranza  era endemica nel clero greco e fra le popolazioni albanesi d’Italia, a proprie spese e con il beneplacito  del Vescovo di Bisignano ( San Benedetto ricadeva in quella diocesi), cominciò ad istruire per quanto gli era possibile, i sacerdoti italo albanesi più ignoranti, impartendo loro nozioni indispensabili di cultura e liturgia greca. Ma i sacerdoti, benché obbligati con un decreto dall’Ordinario di Bisignano “ed allettati dalle cortesie e dai doni dello stesso Rodotà”, raramente si  recavano nella sua casa con puntualità, soleva dire a proposito lo stesso Rodotà: “ la pianta che si è indurita si spezza piuttosto che incurvarsi”1La sua attenta dedizione verso la problematica, oltre ad essere dimostrazione di carità cristiana,incarnava l’orgoglio antico della fierezza di un popolo, per questo, sicuramente non si dedicò ad altro  nella sua vita. Coltissimo nella lingua greca e nella complessità dei dogmi e dei principi della fede cristiana, in quel periodo, pur essendo, molteplici volte sollecitato dal Cardinale Tolomei e dalla Congregazione di Propaganda Fide, rifiutò, senza esitazioni, sia alte cariche onorifiche presso la Biblioteca Vaticana, sia l’episcopato, ritenendo missione prioritaria l’assistenza al suo popolo. Per l’esperienza fatta in precedenza, non potendo incurvare i sacerdoti sulla via della sapienza, ormai avanti con gli anni e premurosi nelle loro faccende familiari, inaugurò nel 1722, nel luogo dove ancora oggi esiste il vecchio Collegio Corsini, un ginnasio della cultura greca, dove i giovani dell’Arberia siciliana e calabrese, aspiranti a ricevere gli Ordini Sacri, potessero essere istruiti gratuitamente. A d’uopo è di notevole importanza riportare le cordiali epistole intercorse con il buon Vescovo di Bisignano , Felice Sollazzo, che il Rodotà così i enfaticamente informava: “Ho istituito in Ullano una specie di seminario, poiché dopo la mia morte resti un esempio di ciò che si sarebbe potuto fare: in questo seminario potranno fare notevoli progressi nella cultura greca i giovani preparati, provenienti dalle Due Sicilie, i quali superate le prove, potranno essere promossi agli ordini sacri.” Il dotto e pio Vescovo rispondeva: “La lettera, con la quale mi hai informato dei grandi progressi dei tuoi alunni nella cultura greca, in questo tipico seminario, l’ho ricevuta con volto gioioso e con animo lieto, seguirò questa istituzione sempre con gli stessi sentimenti. Forse in questo angolo della tua Patria, ha trovato asilo la cultura greca, che con grande danno della vita ecclesiastica, e di ciò bisogna soprattutto dolersi, nel clero della tua gente, e dovunque è travagliata dal furore barbaro dell’ignoranza. Per questo motivo mi dichiaro solidale con te per il tuo grande zelo ed impegno, contraccambio imperituri ringraziamenti e dichiarandomi dispostissimo ad aiutarti, prego la Potenza Celeste di assecondarti in ogni cosa.”2 Un Vescovo latino, dotto, non ostante il Rito Greco ed un umile prodigo sacerdote di origine coronea, fuor di dubbio, posero le basi per  la diffusione della cultura fra il clero e le popolazioni italo albanesi.

Il fratello di Stefano, Felice Samuele, soggiornava in Roma e pur avendo compiuto gli studi presso il Collegio Greco, preferì passare al rito latino, dove ricoprì alte cariche in seno alla Biblioteca Vaticana. Anch’egli come il fratello Stefano aveva studiato presso il Collegio Greco di Roma, ma Stefano ebbe il privilegio di averlo fatto con il papa del tempo, Clemente XII, al secolo Lorenzo Corsini , di origine albanese dal ramo materno. Felice Samuele aveva colto le zelanti intenzioni del fratello ed insieme ritennero che fosse giunto il momento propizio per la realizzazione del loro progetto: l’istituzione di un seminario ed un Vescovo Ordinante per gli Albanesi delle Due Sicilie. In entrambi gli animi dei fratelli governava la convinzione e la certezza della fattibilità, tant’è vero che con non modesto orgoglio, così scriveva Stefano al fratello in Roma: “Sii certo, che i miei alunni in questo seminario di Ullano, se si eccettua il modo di vestire, per il resto, conducono la stessa vita dei collegi romani, e fanno tali progressi nella virtù e nella scienza, che bisogna senz’altro rendere merito all’intercessione della Beata Vergine del Buon Consiglio.”3

Nel suo terzo anno di pontificato, l’11 ottobre del 1732, in Roma , presso Santa Maria Maggiore, Clemente XII con la bolla “Inter Multiplices”, dietro reiterato interessamento di Felice Samuele Rodotà dei Coronei, fondava in San Benedetto Ullano  il Collegio Greco per gli Albanesi delle Due Sicilie. Il 26 febbraio del 1733 il nuovo seminario apriva le porte a 17 alunni e 3 professori, per i quali i Rodotà si assunsero, per due anni, gli oneri derivanti dalle spese. Alla prima bolla ( Inter multeplices), che annota le finalità della erezione dell’Istituto, consistente nell’educazione e l’istruzione nella lingua e letteratura greca, nelle arti liberali , nelle scienze naturali e umane e soprattutto in quelle teologiche, nella eloquenza e nel rito greco dei giovani italo albanesi, ne seguirono altre cinque: la seconda del 1733 ( Dum ea quae ad nobis),  elogia l’impegno profuso da Felice Samuele Rodotà e la sua nomina a Rettore del  Collegio; la terza ( Ex inuncto) ,pone le regole interne dell’istituto; la quarta (Suprema dispositione),viene affidata la presidenza del Collegio ad un Vescovo di nomina di nomina pontificia; la quinta del 1737, il papa elargisce dal proprio patrimono la somma di 12.000 ducati per l’erezione e il sostentamento del seminario; con la sesta ( Praeclara Romanorum), viene data facoltà ai Rettori del Collegio di conferire la laurea  a quegli alunni che hanno seguito con esito positivo, gli studi in Filosofia, Teologia e Sacra Scrittura. Il 16 settembre del 1735, Felice Samuele Rodotà viene nominato Vescovo Ordinante e Presidente del Collegio e Abate Commendatario dell’Abbazia di Ullano, con la facoltà di conferire gli ordini sacerdotali non solo agli Italo Albanesima anche di Sicilia, previo nulla osta del diocesano ordinario.

Per oltre mezzo secolo, il Collegio Corsini, così denominato per il cognome del papa fondatore, Clemente XII, da come riportato da Francesco Capalbo, fu eccellente centro di educazione di educazione per molti sacerdoti di rito greco, infatti esso non aveva nulla da invidiare al Collegio Greco di Roma e, tanto giusto è che, dall’espulsione dei gesuiti dal regno ( 1767), divenne il centro di educazione più rinomato delle Calabrie. Ma il Collegio Corsini nei sessant’anni di stabilità in San Benedetto Ullano, oltre a rendere edotto il clero greco, fra i quali i futuri Vescovi Presidenti, Archiopoli da San Demetrio Corone, Francesco Bugliari da Santa Sofia d’Epiro, Domenico Bellusci da Frascineto, i sacerdoti grecisti come Guglielmo Tocci da San Cosmo Albanese e Giuseppe Gangale da Firmo, quest’ultimi insegnarono greco presso il seminario Arcivescovile di Rossano, illuminò anche personaggi che si distinsero nella cultura greca in tutto il territorio nazionale, come Francesco Avato da  Macchia Albanese che insegnò Lingua e Letteratura Greca presso l’Università di Urbino, Vincenzo Canadè e Vincenzo Archiopoli da San Demetrio, rispettivamente insegnanti nei licei di Bari e di Capua. Ad onore degli Albanesi d’Italia, alunni illustri del Collegio Corsini  furono: Pasquale Baffi da Santa Sofia d’Epiro, considerato dal Cuoco e dal conte Orloff il più grande grecista del tempo e il giurista, suo compaesano, Angelo Masci  i quali, in appresso, saranno menzionati i maniera specifica.

Ritornando al Collegio Corsini, divenuto, nel periodo carolino e ferdinandeo, eccellente centro di formazione culturale, è bene rilevarne gli aspetti, anche delle precipue responsabilità attribuite al  Vescovo Presidente. Costui non aveva alcuna giurisdizione sul clero e sulle parrocchie greche, ma come già prima annotato, poteva conferire gli ordini sacri solo previo assenso dell’ordinario diocesano, e avendo la facoltà piena di visitare le parrocchie nelle varie comunità di origine albanese, veniva posto come garante alla sorveglianza dell’integrità del Rito. Essendo, altresì, Abate Commendatario dell’Abbazia di Ullano dove era ubicato il Collegio, competenza ascrittagli era quella dell’amministrazione dei beni della stessa e, riguardo la responsabilità sugli alunni, doveva dar conto sul loro affinamento intellettuale, morale e religioso.

La nomina, pontificia, del Vescovo Presidente, precludeva l’assegnazione di una diocesi e il titolo conferitogli, “in parti bus infidelium”, rappresentava, simbolicamente, antiche sedi episcopali, ormai islamizzate o decadute. Nel 1735, quando, Felice Samuele Rodotà, fu elevato a dignità di Vescovo, gli fu attribuito il titolo di Arcivescovo di Berea in partibus infidelium e così fu per i suoi successori:Nicola De Marchis da Lungro, Vescovo di Nemesi (1742 1757); Giacinto Archiopoli da San Demetrio, Vescovo di Gallipoli (1758 1789); Francesco Bugliari da Santa Sofia, (fautore del trasferimento del Collegio da San Benedetto a San Demetrio) Vescovo di Tagaste (1792 1806); Domenico Bellusci da Frascineto, (autore della famosa lettera “La risposta di Filalete”) Vesovo di Sinope (1807 1833); Gabriele De Marchis da Lungro, Vescovo di Tiberiopoli ( 1834 1843). La presidenza di quest’ultimo durò nove anni, fino a quando, nel 1843, per motivi di salute, chiese le dimissioni che furono prontamente accettate dal Ministero per gli Affari Ecclesiastici in Napoli. Con quest’ultimo ultimo Vescovo del periodo aureo, cominciò il lento e progressivo declino del Centro di istruzione e di cultura, dell’illuminismo e pre romanticismo, tra i  più fulgidi e rinomati del regno borbonico. Nel 1794, il Collegio Corsini, attraverso l’opera persuasiva del monsignor Bugliari e quella intermediatrice di Giuseppe Zurlo, giudice della Vicaria ed in seguito Ministro delle Finanze, con reale dispaccio, relativo agli Affari di Stato, fu trasferito da San Benedetto Ullano a San Demetrio Corone nel complesso edificio badiale di San Adriano, stabilimento, la cui architettonica struttura si prospettava più consona alle esigenti caratteristiche proprie di un istituto preposto alla formazione giovanile.

Il Collegio prima Corsini, poi rinomato San Adriano, fu senz’altro, superba ed eccelsa palestra di esercizio intellettuale e morale per moltissima gioventù, che nel corso dei secoli decimo ottavo e decimo nono, primeggiò per dottrina e amor patrio, rifulgendo luce vivida ed intensa all’intera Nazione Albanese.


Fonti bibliografiche essenziali:
Angelo Zavarroni, Il Collegio Corsini di S.Benedetto Ullano; Ed. Brenner, Cosenza 2001;
Domenico Cassiano, S. Adriano Educazione e Politica; Marco Editore, Lungro 1999.



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