domenica 21 marzo 2021

La castanicoltura nell'Arberia del XVIII secolo. Estratto dai Catasti Onciari

 

La castanicoltura nell’Arberia del XVIII secolo. Estratto dai Catasti Onciari

di

Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro

 

 

 

 La Calabria nel corso del Settecento, dopo la Toscana, era la regione d'Italia che produceva la maggiore quantità di castagne. Come pianta boschiva essa, ancora oggi, si attesta nella Regione, nelle zone montuose e nelle alte colline del Pollino, della Costiera Paolana, della Sila e dell’Aspromonte.

Gabriele Barrio de Francica, nel XVI secolo, nelle sue illustrazioni sulla Calabria, attesta il castagno in diverse zone della Calabria Citra, come a Saracena, Malvito, San Marco, che abbondano “d’ulive, di quercie, di noci, di castagne, di suberi e di ilici.”1

Sicuramente il castagno, sia da frutto, quindi innestato, che da legname, costituiva una non trascurabile fonte di reddito per le popolazioni e, Giovanni Fiore, al riguardo, alla fine del Seicento, ne fa ampia menzione: “Motta Folono sunt castaneta, sed et castaneae insitae sunt, Faggiano exuberat castaneis insitis, Lattarico castaneae ex insitis arboribus laudantur, Menecino  castaneae optimae, quas insitas vocant.”2

Nella zona tra San Fili e San Marco - scrive Vincenzo Padula – alcuni castagni potevano raggiungere anche la circonferenza di 15 metri e che nelle sue “cupogne” vi potevano entrare tre persone a cavallo.3

Giovanni Fiore tra la fine del 600 e gli inizi del 700 indicava due specie di frutto del castagno: le picciole che piegano al tondo, e le lunghe che dicono inserte, queste ultime utilizzate per il consumo umano.4

A metà del 1800, il Padula, dipendentemente dai luoghi di coltura, così selezionava le varietà delle castagne: in ruggiole reali, curce e ‘nzite a Carpanzano; a Bocchigliero in curce e ‘nzerte; a tra Fagnano e San Marco curce e ‘nzerte (nel Catasto Onciario di Cerzeto, infatti, ritroviamo le castagne curcie ed inserte).5

 Nelle zone dove maggiore era la produzione delle castagne, esse costituivano, anche se considerato cibo povero per singolarità, un alimento primario, sostitutivo del cereale più importante come il grano. Non era raro che nelle zone di montagna i mulini ad acqua producessero farina dalle castagne essiccate, la quale mischiata con quella del grano germano e qualche volta con frumentone vario, veniva utilizzata per la panificazione.6

Le castagne venivano consumate in vario modo: potevano essere lessate o arrostite, con le bucce o senza; da sole o con i legumi erano preparate in minestra; anche una volta essiccate le si poteva cuocere nel brodo o nel latte.7 Non era raro fino a qualche decennio fa, che i montanari, scendessero a valle per barattare le castagne con altri prodotti loro mancanti, come i cereali atti alla panificazione e l’olio di oliva. 

Inoltre, dove maggiore era la produzione di castagne, più intensivo era l’allevamento dei suini, infatti le donne, nelle zone montane della Calabria Citra, pestavano le castagne essiccate, generalmente curce, per alimentare le purchie, ossia le scrofe.8

 Quindi il frutto del castagno risultava essere anche un alimento essenziale per gli animali.

 L’importanza del castagno era legata anche al pregio del legname, che si faceva apprezzare per resistenza all’umidità, compattezza, elasticità, infatti da questa pianta si ricavavano pali e sostegni per la viticoltura; venivano fabbricati attrezzi da lavoro ( manici per zappe, rastrelli, asce, gioghi per buoi); per la sua elasticità lo stesso legname veniva utilizzato per la costruzione di botti, tini, cerchi, doghe, misuratori di  capacità per aridi  (tomolo, stuppello, mezzetto) ed infine, per la sua resistenza, per la costruzione di porte, finestre, tetti e solai.9

 

Note

1 Gabriele Barrio di Francica, De antiquitate et situ Calabrie libri quinque, Libro I, pagg. 98-113.

2 Giovanni Fiore, Della Calabria illustrata (ristampa anastatica 1691-1743). Edizione Forni, Napoli 1980. Tomo I, pag. 102-113.

3 V. Padula, Calabria prima e dopo l'Unità, a cura di A. Marinari, Bari, 1977, vol. I, pp. 142- 143.

4 V. Padula, Calabria prima e dopo l'Unità, a cura di A. Marinari, Bari, 1977, vol. I, pp. 142- 143.

5 V. Padula, Calabria prima e dopo l'Unità, a cura di A. Marinari, Bari, 1977, vol. I, pp. 142- 143.

6 Giuseppe Maria Galanti, Giornale di viaggio in Calabria, a cura di L. Addante, Rubbettino editore 2008, p. 256.

7 G. Cherubini, La civiltà del castagno in Italia alla fine del Medioevo, in Archeologia Medievale, cultura materiali insediamenti n. 8, 1981, pp. 264-265

8 V. Padula, Calabria, cit., pp.142-144.

9  Giovanni Cherubini, La “civiltà” del castagno in Italia alla fine del Medioevo, in Archeologia medievale, cultura materiali insediamenti n. 8, 1981 pp. 249-251;

 

 

 

 

 

 

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