giovedì 31 gennaio 2013

Studi di Storia della Letteratura Albanese a cura di Matteo Mandalà

 
 
 
 

Gaetano Petrotta
Studi di Letteratura Albanese
a cura di Matteo Mandalà
Ordinario di Lingua e Letteratura Albanese
Università di Palermo
La lingua Albanese
La lingua Albanese, oltre che in Albania, è parlata dai forti nuclei di Albanesi assegnati alla Jugoslavia a nord e alla Grecia a sud dalle Commissioni per la delimitazione dei confini del nuovo stato.
Conservano in gran parte la lingua originaria gli italo albanesi che vivono nei numerosi comuni sorti nell’Italia meridionale e nella Sicilia dopo la caduta dell’Albania sotto il dominio turco e i molti Albanesi che passarono in Grecia e nelle sue isole prima e dopo l’invasione ottomana.
Colonie fiorenti di Albanesi vivono in Romania, in Bulgaria, in Turchia, in Russia, in Egitto, nell’America del Nord.
Gli Albanesi che vivono fuori oltrepassano il numero di quelli che abitano entro i confini dello Stato Albanese. Essi nutrono un vivo attaccamento verso la madre patria e sono la dimostrazione più evidente della tenace resistenza della stirpe alla forza assimilatrice delle altre lingue più evolute e più forti dell’Albanese, come specialmente la lingua italiana e la lingua greca.
<< Ciò che agli occhi nostri – scriveva D. Comparetti (1863) – più d ogni altra cosa qualifica il popolo albanese è la lingua da esso parlata. Questa conservandosi mirabilmente, ad onta delle cause forti e molteplici che si opponevano alla sua esistenza, ha impedito che quel popolo si perdesse, come di molti avvenne, andando a confondersi nel seno di altri popoli prevalenti su di lui. E’ l’Albania un altro esempio della lingua considerata come un potente elemento conservatore di nazionalità, anche allora quando le nazioni, politicamente considerate, abbiano perduto la loro unità e la loro indipendenza.>>
Se la Nazione Albanese dopo tanti secoli di smarrimenti politici e di dispersioni etniche può oggi costituire uno stato, ciò è dovuto principalmente alla conservazione della lingua.
Fa meraviglia  pertanto come il grande glottologo francese A. Meillet, studiando l’interessante fenomeno linguistico ed etnico albanese, per via di ragionamenti in verità assai speciosi, venisse a conclusioni così strane da affermare che la sopravvivenza della lingua non giustificava la creazione artificiosa  di uno stato albanese. Era questo l’eco delle interessate vivaci polemiche che venivano alimentate da politicanti slavi e greci e dai loro non meno interessati tutori, al tempo delle agitate discussioni internazionali circa la costituzione dello stato albanese.
Fu detto e ripetuto in quegli anni che, l’Albania , senza una lingua, senza una letteratura, non poteva mai divenire un organismo politico vivo e vitale in mezzo agli altri stati balcanici e che perciò sarebbe stato saggio consiglio spartirne il territorio fra slavi e greci, che naturalmente avrebbero allargato il loro dominio nell’Adriatico per comodo delle grandi potenze che ne favorivano l’espansione a tutto danno dell’Italia.
Così da una questione puramente linguistica si passava per le cessate mene internazionali, a una questione grave di politica, quale era quella riguardante la sistemazione e l’equilibrio dell’Adriatico, mare prima di tutto italiano e albanese.
Di modo che, come osserva il Baldacci, secondo i vari punti di vista politici, << la lingua albanese o shqip, che taluni sostengono essere un idioma povero e semplice e poco formato specialmente nei verbi, è al contrario, per altri un linguaggio a espressioni  vigorose… e tutt’altro sprovvisto di cultura>>.
Ma nella grande diversità di opinioni nell’avvicinare la lingua albanese ora alla greca, ora alla latina, ora alla slava, ora alla romena, per il forte miscuglio straniero che è facile scorgervi, nessuno, credo, che non sia affatto ignorante di linguistica, può ormai negarne l’assoluta indipendenza da ogni altra lingua per i suoi distinti caratteri fonetici, morfologici e anche sintattici e lessicali.
Né l’affermazione del Meyer che essa poco mancò non diventasse lingua romanza si deve intendere nel senso che la lingua albanese abbia perduto la sua fisionomia per assumere quella di vera e propria e propria lingua romanza.
Certamente l’influsso latino nella lingua albanese è stato assai forte, è questa lingua – scrive il Baldacci – è così ricca di vocaboli latini che i romanisti sono costretti, nei loro studi sul latino volgare, di tenerne conto come una lingua romanza.” Ma questo fatto è il più sicuro indice dei rapporti politici culturali dell’Albania con Roma la quale, se impresse profonde tracce anche sulla lingua, non potè ridurla alle condizioni di una lingua romanza, come non assimilò quel popolo al punto da farne etnicamente un gruppo neolatino, pur avendone permeata la vita di un potente influsso di civiltà latina che non può sfuggire all’occhio indagatore dei fenomeni etnografici dei Balcani.
Il Meillet, a proposito del patrimonio lessicale dell’albanese, diceva che” maggior parte del vocabolario di questa lingua si compone di parole tolte in prestito dal latino, dal greco, dal turco dallo slavo e dall’italiano”, volendo con questa sua constatazione diminuirne l’importanza nei riflessi politici. Prendendo in esame questa affermazione del Meillet e riferendosi opportunamente al vocabolario etimologico del Meyer, il quale dopo, riesaminando molte etimologie romanze o slave, modificò le sue opinioni sul riguardo, il prof. Tagliavini , confessando che << che l’elemento latino dell’albanese,  era stato sopra valutato dagli studiosi del secolo scorso ( Meyer), e ammettendo che << specialmente gli etimi latini hanno ceduto, in seguito a più profonde analisi, a etimi indoeuropei>>, osserva che << tutto sommato, non si può dire che l’elemento autoctono dell’albanese sia inferiore a quello di altre lingue indoeuropee che hanno nel corso dei secoli subìto forti influssi esterni, come l’armeno o, se vogliamo, anche l’inglese>>.
Del resto, conchiude sull’argomento il prof. Tagliavini, << per determinare il carattere di una lingua non serve tanto il lessico quanto la struttura grammaticale; l’inglese non cessa di essere una lingua germanica, anche se la maggior parte del suo tesoro lessicale è di origine neolatina; le parole poi non possono essere considerate tutte sullo stesso piano, perché molto conta la loro frequenza e la loro diffusione. Noi constatiamo così che la maggior parte delle parole fondamentali della lingua albanese, risalgono all’indoeuropeo; altre sono antichi prestiti del latino. Nel corso dei secoli, l’albanese,  venuto a contatto con le lingue slave finitime, col neo greco, col turco, ha assunto da queste lingue parecchie voci di cui non sarebbe obiettivo non riconoscerne l’importanza; ma ha mutuato altresì, fino da epoca molto antica, parecchie e importanti voci italiane specialmente venete >>.
La lingua albanese è dunque un membro indipendente del gruppo orientale delle lingue indoeuropee. Ma non tutti i glottologi sono ugualmente concordi nel definire di quale lingua antica sia la continuazione. Alcuni ritengono l’albanese la moderna fase dell’illirico, altri affermano essere l’albanese il continuatore del dialetto tracio.
Ora << allo stato dei fatti odierni,  è d’uopo ritenere che non solo l’illirico rappresenta la base indoeuropea dell’albanese, ma una lingua illirio – trace o, più probabilmente, un dialetto trace illirizzato. Così spiegano anche le coincidenze sintattiche e fonetiche che si chiamano balcaniche. ( Tagliavini)>>.
Grande è l’importanza della lingua albanese o che si consideri soltanto come un ramo indipendente delle lingue indoeuropee o si prenda come punto di partenza per tentare di svelare il mistero tracio illirico o se si voglia studiare come ausilio per le ricerche storiche folcloristiche comparative balcaniche. Assai maggiore è la sua importanza per la linguistica e la filologia balcanica, cioè per gli studi comparativi col greco, col rumeno, con lo slavo, con l’albanese ha in comune notevoli ed evidenti fenomeni fonetici, morfologici e sintattici. La lingua albanese, inoltre, si deve considerare, come è stato osservato,  come preziosa fonte per le indagini intorno alla diffusione, al trattamento, allo sviluppo del latino balcanico. Ma nelle ricerche etnografiche e linguistiche intorno alla lingua albanese, che tanti enigmi presenta ai più attenti indagatori balcanisti e indoeuropeisti, credo non siano da trascurare i rapporti col greco anche antico, poiché  << il greco in tutti i periodi della sua storia ha stretti legami con la lingua albanese e oggi non si può avere nessun dubbio che, fin dalle epoche più remote il greco ha esercitato la sua influenza sulla lingua albanese, ciò che negava il Meyer ( Jokl) >>;  e credo che non sia da trascurare l’elemento etnico e linguistico che,  irriducibile all’indoeuropeo, potrebbe riferirsi al fondo comune mediterraneo o pre-indoeuropeo, anteriore naturalmente alla fase tracio – illirica nei Balcani e nel bacino dell’Adriatico.
 
Estratto da Studi della letteratura albanese, Svolgimento della Cultura e della Letteratura Albanese di Gaetano Petrotta, a cura di Matteo Mandalà ( pagg. 13 – 15 ) Palermo 2003.
 
 
 
 


 
 






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