Le popolazioni greco albanesi,
come opportunamente riporta Angelo Masci nel suo “Discorso sugli Albanesi nel
Regno di Napoli “pubblicato nel 1807, vissero per più di duecento anni
nell’ignoranza e anche fra i papàs una carente formazione culturale appariva
nelle formi più reali. Non essendoci nell’Arberia seminari e vescovi greci
ordinanti, i papàs venivano ordinati sacerdoti in Roma, presso il Pontificio
Collegio Greco, eretto il 13 gennaio del
1577 dal papa Gregorio XIII , con la Bolla “In
Apostolicae sedis”. Costoro venivano consacrati al sacerdozio più per commiserazione
che per sommaria erudizione e cultura teologica, infatti per ricevere la Sacra
Ordinazione, costoro, erano costretti ad affrontare un lungo viaggio, spesso
con mezzi poco adeguati e su tragitti
viabili quasi inesistenti, dove era sovente essere preda di orde brigantesche.
Per ovviare a queste deficienze, nel 1717 il papàs Giorgio Guzzetta faceva
sorgere in Piana degli Albanesi la Congregazione dell’Oratorio con un collegio
per giovani studenti e, nel 1734, con la munificenza di Carlo III di Borbone,
fu fondato a Palermo il Seminario Italo Albanese. Nella stessa città
cinquant’anni dopo, con bolla papale di Poi VI, fu eretto un Vescovato
Ordinante per il clero greco.
Nel 1715, il pio ed erudito
sacerdote di rito greco di San Benedetto Ullano, Stefano Rodotà dei Coronei,
ritenendo che l’ignoranza era endemica
nel clero greco e fra le popolazioni albanesi d’Italia, a proprie spese e con
il beneplacito del Vescovo di Bisignano
( San Benedetto ricadeva in quella diocesi), cominciò ad istruire per quanto
gli era possibile, i sacerdoti italo albanesi più ignoranti, impartendo loro
nozioni indispensabili di cultura e liturgia greca. Ma i sacerdoti, benché
obbligati con un decreto dall’Ordinario di Bisignano “ed allettati dalle cortesie e dai doni dello stesso Rodotà”, raramente
si recavano nella sua casa con
puntualità, soleva dire a proposito lo stesso Rodotà: “ la pianta che si è indurita si spezza piuttosto che incurvarsi”1La
sua attenta dedizione verso la problematica, oltre ad essere dimostrazione di
carità cristiana,incarnava l’orgoglio antico della fierezza di un popolo, per
questo, sicuramente non si dedicò ad altro
nella sua vita. Coltissimo nella lingua greca e nella complessità dei
dogmi e dei principi della fede cristiana, in quel periodo, pur essendo,
molteplici volte sollecitato dal Cardinale Tolomei e dalla Congregazione di
Propaganda Fide, rifiutò, senza esitazioni, sia alte cariche onorifiche presso
la Biblioteca Vaticana, sia l’episcopato, ritenendo missione prioritaria
l’assistenza al suo popolo. Per l’esperienza fatta in precedenza, non potendo
incurvare i sacerdoti sulla via della sapienza, ormai avanti con gli anni e
premurosi nelle loro faccende familiari, inaugurò nel 1722, nel luogo dove
ancora oggi esiste il vecchio Collegio Corsini, un ginnasio della cultura
greca, dove i giovani dell’Arberia siciliana e calabrese, aspiranti a ricevere
gli Ordini Sacri, potessero essere istruiti gratuitamente. A d’uopo è di
notevole importanza riportare le cordiali epistole intercorse con il buon
Vescovo di Bisignano , Felice Sollazzo, che il Rodotà così i enfaticamente
informava: “Ho istituito in Ullano una
specie di seminario, poiché dopo la mia morte resti un esempio di ciò che si
sarebbe potuto fare: in questo seminario potranno fare notevoli progressi nella
cultura greca i giovani preparati, provenienti dalle Due Sicilie, i quali
superate le prove, potranno essere promossi agli ordini sacri.” Il dotto e
pio Vescovo rispondeva: “La lettera, con
la quale mi hai informato dei grandi progressi dei tuoi alunni nella cultura
greca, in questo tipico seminario, l’ho ricevuta con volto gioioso e con animo
lieto, seguirò questa istituzione sempre con gli stessi sentimenti. Forse in
questo angolo della tua Patria, ha trovato asilo la cultura greca, che con
grande danno della vita ecclesiastica, e di ciò bisogna soprattutto dolersi,
nel clero della tua gente, e dovunque è travagliata dal furore barbaro
dell’ignoranza. Per questo motivo mi dichiaro solidale con te per il tuo grande
zelo ed impegno, contraccambio imperituri ringraziamenti e dichiarandomi
dispostissimo ad aiutarti, prego la Potenza Celeste di assecondarti in ogni
cosa.”2 Un Vescovo latino, dotto, non ostante il Rito Greco ed
un umile prodigo sacerdote di origine coronea, fuor di dubbio, posero le basi
per la diffusione della cultura fra il
clero e le popolazioni italo albanesi.
Il fratello di Stefano, Felice
Samuele, soggiornava in Roma e pur avendo compiuto gli studi presso il Collegio
Greco, preferì passare al rito latino, dove ricoprì alte cariche in seno alla
Biblioteca Vaticana. Anch’egli come il fratello Stefano aveva studiato presso
il Collegio Greco di Roma, ma Stefano ebbe il privilegio di averlo fatto con il
papa del tempo, Clemente XII, al secolo Lorenzo Corsini , di origine albanese
dal ramo materno. Felice Samuele aveva colto le zelanti intenzioni del fratello
ed insieme ritennero che fosse giunto il momento propizio per la realizzazione
del loro progetto: l’istituzione di un seminario ed un Vescovo Ordinante per
gli Albanesi delle Due Sicilie. In entrambi gli animi dei fratelli governava la
convinzione e la certezza della fattibilità, tant’è vero che con non modesto
orgoglio, così scriveva Stefano al fratello in Roma: “Sii certo, che i miei alunni in questo seminario di Ullano, se si
eccettua il modo di vestire, per il resto, conducono la stessa vita dei collegi
romani, e fanno tali progressi nella virtù e nella scienza, che bisogna
senz’altro rendere merito all’intercessione della Beata Vergine del Buon
Consiglio.”3
Nel suo terzo anno di pontificato,
l’11 ottobre del 1732, in Roma , presso Santa Maria Maggiore, Clemente XII con
la bolla “Inter Multiplices”, dietro
reiterato interessamento di Felice Samuele Rodotà dei Coronei, fondava in San
Benedetto Ullano il Collegio Greco per gli
Albanesi delle Due Sicilie. Il 26 febbraio del 1733 il nuovo seminario apriva
le porte a 17 alunni e 3 professori, per i quali i Rodotà si assunsero, per due
anni, gli oneri derivanti dalle spese. Alla prima bolla ( Inter multeplices), che annota le finalità della erezione
dell’Istituto, consistente nell’educazione e l’istruzione nella lingua e
letteratura greca, nelle arti liberali , nelle scienze naturali e umane e
soprattutto in quelle teologiche, nella eloquenza e nel rito greco dei giovani
italo albanesi, ne seguirono altre cinque: la seconda del 1733 ( Dum ea quae ad nobis), elogia l’impegno profuso da Felice Samuele
Rodotà e la sua nomina a Rettore del
Collegio; la terza ( Ex inuncto) ,pone
le regole interne dell’istituto; la quarta (Suprema
dispositione),viene affidata la presidenza del Collegio ad un Vescovo di
nomina di nomina pontificia; la quinta del 1737, il papa elargisce dal proprio
patrimono la somma di 12.000 ducati per l’erezione e il sostentamento del
seminario; con la sesta ( Praeclara
Romanorum), viene data facoltà ai Rettori del Collegio di conferire la
laurea a quegli alunni che hanno seguito
con esito positivo, gli studi in Filosofia, Teologia e Sacra Scrittura. Il 16
settembre del 1735, Felice Samuele Rodotà viene nominato Vescovo Ordinante e
Presidente del Collegio e Abate Commendatario dell’Abbazia di Ullano, con la
facoltà di conferire gli ordini sacerdotali non solo agli Italo Albanesima
anche di Sicilia, previo nulla osta del diocesano ordinario.
Per oltre mezzo secolo, il
Collegio Corsini, così denominato per il cognome del papa fondatore, Clemente
XII, da come riportato da Francesco Capalbo, fu eccellente centro di educazione
di educazione per molti sacerdoti di rito greco, infatti esso non aveva nulla
da invidiare al Collegio Greco di Roma e, tanto giusto è che, dall’espulsione
dei gesuiti dal regno ( 1767), divenne il centro di educazione più rinomato
delle Calabrie. Ma il Collegio Corsini nei sessant’anni di stabilità in San
Benedetto Ullano, oltre a rendere edotto il clero greco, fra i quali i futuri Vescovi
Presidenti, Archiopoli da San Demetrio Corone, Francesco Bugliari da Santa
Sofia d’Epiro, Domenico Bellusci da Frascineto, i sacerdoti grecisti come
Guglielmo Tocci da San Cosmo Albanese e Giuseppe Gangale da Firmo, quest’ultimi
insegnarono greco presso il seminario Arcivescovile di Rossano, illuminò anche
personaggi che si distinsero nella cultura greca in tutto il territorio
nazionale, come Francesco Avato da
Macchia Albanese che insegnò Lingua e Letteratura Greca presso
l’Università di Urbino, Vincenzo Canadè e Vincenzo Archiopoli da San Demetrio,
rispettivamente insegnanti nei licei di Bari e di Capua. Ad onore degli
Albanesi d’Italia, alunni illustri del Collegio Corsini furono: Pasquale Baffi da Santa Sofia
d’Epiro, considerato dal Cuoco e dal conte Orloff il più grande grecista del
tempo e il giurista, suo compaesano, Angelo Masci i quali, in appresso, saranno menzionati i
maniera specifica.
Ritornando al Collegio Corsini,
divenuto, nel periodo carolino e ferdinandeo, eccellente centro di formazione
culturale, è bene rilevarne gli aspetti, anche delle precipue responsabilità
attribuite al Vescovo Presidente. Costui
non aveva alcuna giurisdizione sul clero e sulle parrocchie greche, ma come già
prima annotato, poteva conferire gli ordini sacri solo previo assenso
dell’ordinario diocesano, e avendo la facoltà piena di visitare le parrocchie
nelle varie comunità di origine albanese, veniva posto come garante alla
sorveglianza dell’integrità del Rito. Essendo, altresì, Abate Commendatario
dell’Abbazia di Ullano dove era ubicato il Collegio, competenza ascrittagli era
quella dell’amministrazione dei beni della stessa e, riguardo la responsabilità
sugli alunni, doveva dar conto sul loro affinamento intellettuale, morale e
religioso.
La nomina, pontificia, del
Vescovo Presidente, precludeva l’assegnazione di una diocesi e il titolo
conferitogli, “in parti bus infidelium”, rappresentava, simbolicamente,
antiche sedi episcopali, ormai islamizzate o decadute. Nel 1735, quando, Felice
Samuele Rodotà, fu elevato a dignità di Vescovo, gli fu attribuito il titolo di
Arcivescovo di Berea in partibus infidelium e così fu per i suoi
successori:Nicola De Marchis da Lungro, Vescovo di Nemesi (1742 1757); Giacinto
Archiopoli da San Demetrio, Vescovo di Gallipoli (1758 1789); Francesco
Bugliari da Santa Sofia, (fautore del trasferimento del Collegio da San
Benedetto a San Demetrio) Vescovo di Tagaste (1792 1806); Domenico Bellusci da
Frascineto, (autore della famosa lettera “La
risposta di Filalete”) Vesovo di Sinope (1807 1833); Gabriele De Marchis da
Lungro, Vescovo di Tiberiopoli ( 1834 1843). La presidenza di quest’ultimo durò
nove anni, fino a quando, nel 1843, per motivi di salute, chiese le dimissioni
che furono prontamente accettate dal Ministero per gli Affari Ecclesiastici in
Napoli. Con quest’ultimo ultimo Vescovo del periodo aureo, cominciò il lento e
progressivo declino del Centro di istruzione e di cultura, dell’illuminismo e
pre romanticismo, tra i più fulgidi e
rinomati del regno borbonico. Nel 1794, il Collegio Corsini, attraverso l’opera
persuasiva del monsignor Bugliari e quella intermediatrice di Giuseppe Zurlo,
giudice della Vicaria ed in seguito Ministro delle Finanze, con reale
dispaccio, relativo agli Affari di Stato, fu trasferito da San Benedetto Ullano
a San Demetrio Corone nel complesso edificio badiale di San Adriano,
stabilimento, la cui architettonica struttura si prospettava più consona alle
esigenti caratteristiche proprie di un istituto preposto alla formazione
giovanile.
Il Collegio prima Corsini, poi
rinomato San Adriano, fu senz’altro, superba ed eccelsa palestra di esercizio
intellettuale e morale per moltissima gioventù, che nel corso dei secoli decimo
ottavo e decimo nono, primeggiò per dottrina e amor patrio, rifulgendo luce
vivida ed intensa all’intera Nazione Albanese.
Fonti bibliografiche essenziali:
Angelo Zavarroni, Il Collegio Corsini di S.Benedetto Ullano; Ed. Brenner, Cosenza 2001;
Domenico Cassiano, S. Adriano Educazione e Politica; Marco Editore, Lungro 1999.
Fonti bibliografiche essenziali:
Angelo Zavarroni, Il Collegio Corsini di S.Benedetto Ullano; Ed. Brenner, Cosenza 2001;
Domenico Cassiano, S. Adriano Educazione e Politica; Marco Editore, Lungro 1999.
Orgoglioso delle nostre origini Albanesi.
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