Raimondo Netzhammer: Tra gli albanesi di
Calabria(1905)
Raimondo Netzhamer nasce a Brisgau ( Friburgo) il 19 gennaio del 1862. Monaco Benedettino viene nominato Rettore del Pontificio Collegio Greco di Roma il 14 novembre del 1904.Durante le vacanze Pasqualo del 1905 compie il viaggio in Calabria per conoscere la realta delle comunità Italo Albanesi scrivendo questa interessante. Il 16 settembre dello stesso anno viene elevato alla cattedra Arcovescovile di Bucarest per il rito latino. Muore nel 1945. Il testo è stato pubbblicato per conto dell'Amministrazione Comunale di Acquaformosa dalla casa editrice " il Coscile" in Castrovillari. La traduzione dal tedesco all'italiano è stata fatta dal nel 1933 dal papas " Zoti Vincenzo Matrangolo."
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"Tra gli albanesi di Calabria"
SULLE PENDICI MERIDIONALI DEL POLLINO
Quando, finalmente, dopo una continua salita, ci
vedemmo dirimpetto alla pittoresca Lungro incassata nella roccia, il giovane
fece schioccare forte la frusta ed entrò di corsa e altero colla sua quadriga
nel capoluogo dagli albanesi. La meta odierna del mio viaggio, però, non era
ancora raggiunta, poiché era mia intenzione andare, la sera, a piedi ad
Acquaformosa, distante 6 Km, dove avevo da presentare i miei saluti al parroco.
Ma prima di eseguire questo progetto volli ancora rendere visita all' arciprete
di Lungro. Sulla strada egli mi veniva proprio incontro essendo intento ad
andare in chiesa. Mi ero appena presentato con due o tre parole, che già mi
prendeva, vecchio signore, con forza anche la valigetta e mi dichiarava
categoricamente: "Lei oggi non andrà più in Acquaformosa, ma è mio
ospite". Non potendo dubitare della sincerità e cordialità di questa
ospitalità, seguii l' arciprete, attraverso alcuni stretti e sudici vicoli, a
una antica casa dove deposi il soprabito in una grande camera che serve al
parroco come stanza di lavoro e per dormire e dove fui accolto
cordialissimamente. Subito, dal principio, il vecchio signore volle sapere se
per caso venissi come inviato di una autorità romana, per prendere informazioni
sulle condizioni ecclesiastiche nelle colonie albanesi. Visibilmente egli si
era tranquillizzato alla mia dichiarazione che avevo intrapreso il viaggio
senza alcun incarico di sorta ma, al contrario, che venivo semplicemente come
amico degli albanesi, per fare conoscenza della patria e dei compatrioti di
parecchi miei alunni nel Collegio Greco Sant' Atanasio di Roma. Questa
affermazione mi rese completamente amico al rispettabile parroco. Ma non solo
il parroco, ma l'intiero grande paese, che conta 5.000 anime, mi sembrava molto
simpatico. Verso sera percorsi, in compagnia di due adolescenti, che
spontaneamente mi si erano offerti per una scorsa attraverso il paese, quasi
tutte le strade e tutti i vicoli. Dovunque gli abitanti si ponevano avanti le
loro case e mi salutavano così affabilmente come se fossi stato un vecchio
conoscente. Questo affettuoso sorridere mi sembrò così caratteristico che io
espressi ad ambedue i miei compagni la mia meraviglia. Questi risero dicendo:
" La si prende per l'arciprete di Acquaformosa a cui Lei con la sua barba
assomiglia perfettamente " . In questo percorso attraverso Lungro mi davan
nell'occhio le molte case vuote. Una conseguenza delle molte emigrazioni in
America. Una casa signorile, vuota e in parte rovinata, viene indicata come
castello, e domina magnifica- mente il paese ubicato pittorescamente. Da un'
altura, dove sorge una ornata cappella, si lasciava vedere dall'alto tutta
Lungro. Particolarmente, quel punto offriva un attraente colpo d'occhio sulla
chiesa dell'Assunta, presso la quale un conte della vicina Altomonte verso l'
anno 1197 aveva eretto un monastero basi1iano che fino al 1525 fu abitato da
monaci. Dopo questo tempo la chiesa abbaziale fu presa dai domenicani, e dopo
il 1638 dai sacerdoti secolari. Ma anche gli albanesi che qui si stabilirono
verso l'anno 1500, avevano già verso il 1576 non meno di 12 sacerdoti e 6
diaconi. Oggi che il rito dell'intera parrocchia è esclusivamente greco, le
cose vanno senza dubbio molto diversamente. Il buon vecchio parroco mi
raccontava quasi con le lacrime agli occhi, che, ancora al tempo della sua
gioventù, dieci sacerdoti avevano ufficiato la chiesa, ma che oggi egli era
solo soletto con un sacerdote giovane ma malaticcio, eppure, aggiungeva egli
addolorato, Lungro è il capoluogo, la metropoli degli albanesi di Calabria. E
non è da negare che questa metropoli possiede un grande e degno tempio.
All'esterno porta senza dubbio tracce della trascuratezza ed è piuttosto guasto
a causa di un terremoto. Ma l' interno del tempio, a tre navate con una cupola
e alte volte, fa una impressione molto favorevole per le belle linee
architettoniche e alcuni dipinti in buon ordine; alcune colonne però sono molto
rovinate. Il vecchio arciprete mi parlò per ore intiere con .grande entusiasmo
del rito greco e mi manifestava l' opinione che questo difficilmente si era
mantenuto più puro e più inalterato altrove come a Lungro. Non potevo
necessariamente aderire a questa opinione, ma per non offendere il dabben uomo
tacqui. lo sono al contrario ancor oggi del parere che questi albanesi troppo
hanno rimesso del loro rito e che hanno preso alcune cose dai latini. Inoltre
nessuna delle chiese che in questi giorni mi è toccato vedere dimostra in
qualche modo carattere greco. Ogni chiesa in questo paese possiede come nei
latini almeno tre altari, anzi la chiesa principale di San Demetrio, Lungro,
Firmo, contano fino a dieci altari laterali. Ora è un principio fondamentale
del rito orientale che in una chiesa vi sia solo un altare e ivi si celebri un
solo sacrificio al giorno. Le sante immagini così numerose nelle chiese greche
per essere baciate dai fedeli, mancano del tutto. In compenso, però, si
incontrano molte statue dei santi dal rito escluse. La cosa più sorprendente di
tutte era, per me, la completa mancanza dell'iconostasio tra il coro e la
navata, senza del quale, in genere, non si può immaginare una chiesa greca.
Anzi, sembra che non si conosca neppure cos ' e una iconostasi, giacche un
parroco, di cui avevo richiamato l' attenzione su questa mancanza nella sua
chiesa, mi affermava di possederne una. Egli sottintese una balaustrata alta
forse 50 cm. intorno all'altare maggiore! Così poco, come le chiese, hanno
aspetto greco i loro sacerdoti. La maggior parte si veste proprio come i latini
e molti si radono persino la barba, quel che io sappia, nessun prete porta qui
l' alto cappello ecclesiastico greco. Solo il parroco di Acquaformosa, che esce
con un cappello a cilindro del tutto moderno, mi volle far vedere che egli solo
portasse la copertura prescritta dal loro rito. lo mi dichiarai d'accordo con
lui nel caso che egli togliesse la falda o almeno la trasportasse all'orlo
superiore del suo cappello. Non avendo avuto, per sfortuna, occasione di
prendere parte a un ufficio divino di domenica, non posso permettermi un
giudizio sull' esatta o non esatta osservanza del rito nella cerimonia del
sacrifizio. Soltanto tre volte potei assistere alla Santa Messa in Lungro o
nella vicina Firmo. Fui edificato della gravità e della pietà con cui veniva
intrapreso il santo atto; solo mi rincresceva che la protesi n Oh avesse luogo
su un piccolo altare, secondo le prescrizioni, e che le altre preghiere e
cerimonie non potessero essere conformi al rito dinanzi alle sante immagini
della iconostasi. Alle divozioni della sera, che in Lungro si tengono ogni
giorno e sono molto frequentate, il prete tra preghiere e canti latini, dà la
benedizione sacra- mentale col ciborio. Singolarmente, per non dire
sgraditamente, mi impressionò il modo e la maniera con cui il popolo canta, con
voce nasale, invece di recitare il Padre Nostro e la Ave Maria. Non solo nella
conversazione con l' arciprete di Lungro ma anche in quelle con altri sacerdoti
dovetti udire e riudire che i latini non vedo- no di buon occhio il rito greco
e che vorrebbero vederlo soppresso tra gli albanesi che pure in Calabria sono
forti di circa 35.000 anime. Il vecchio parroco di Lungro, anzi, si lamentava
molto perché si voleva rendere responsabili i preti albanesi (i quali, come si
sa, possono secondo i canoni della chiesa passare a nozze prima di ricevere la
sublime consacrazione) della poca elevata moralità del clero latino calabrese,
poiché, si dice, l' esempio dei preti coniugati, di cui ve ne sono nel rito
pochissimi, esercita su quegli un cattivo influsso, e si adduce questo come
argomento per l' abolizione del loro antico rito. Benché l'arciprete di Lungro
fosse molto conversativo e mi raccontasse tutta la lunga storia della sua
attività parrocchiale, pure si dette pensiero che io potessi condurre a termine
i miei progetti. Già l'indomani, di buon ora, mi mandò un accompagnatore, nella
persona del suo vecchio sacristano, per Acquaformosa, che però non richiesi che
verso le ore 9. Senza dubbio non ci sarebbe stato bisogno di una guida, poiché
una nuova strada maestra, comodamente tracciata, conduce in quel paese. La
strada si protrae su un ripido declivio di montagna, è estrema- mente ricca di
panorami e si presenta, attraverso lo sguardo, in magnifici castagneti e in un
profondo burrone selvaggiamente spaccato.. Acquaformosa stessa situata in arieggiata
altura, non offre alcunché di rilievo. Però mi rallegrai di aver conosciuto nel
parroco di colà non solo un uomo buono e gioviale, ma anche un uomo molto
zelante e attivo per il regno di Dio. L' antica chiesa parrocchiale è tenuta in
uno stato irreprensibile di nettezza e anche l'interessante cripta e la sacri
stia che possiede alcune preziose edizioni antiche di libri greci di chiesa,
testimoniano il senso dell' ordine del signor parroco. Con grande cura ed onore
vengono custoditi gli stalli del coro, gli armadi e i quadri di un' antica
badia Cistercense esistente in Acquaformosa che però oggi è scomparsa, salvo
poche tracce. Dall' abitazione del parroco godetti una magnifica vista, fino al
mar Jonio. Il giorno era talmente chiaro che sulle alture della Sila giacenti
di fronte, si face- vano distinguere Sant' Adriano e tutti i villaggi albanesi
da Santa Sofia sino a San Cosmo. Questo posto, infatti, è situato
magnificamente e non a malincuore avrei seguito l'invito del parroco per una
permanenza di più giorni. La proposta era tanto più lusinghiera in quanto il
mio amico voleva condurmi ancora più lontano, in alto, alla volta delle altezze
del Pollino coperte di neve, dove in uno splendido luogo di montagna si trova
una bella cappella della Madonna, verso cui tutto il paese doveva andare in
pellegrinaggio. Ma questa volta non c' era niente da fare perché gli affari di
ufficio mi spingevano al ritorno.
Solo un altro progetto potei ancora effettuare: la
visita della grande miniera di sale di Lungro, che può darsi sia stata già
sfruttata dagli antichi greci. In amabile maniera m' invitarono a questa
interessante visita i parenti di uno dei miei alunni. L'indomani presi quindi
congedo con cuore riconoscentissimo dal buon vecchio parroco di Lungro e mi
diressi verso la valle. Precedetti a piedi la carrozza postale e acquistai in
tal modo tempo bastante di vedere Firmo, paese albanese .......
da www.ungra.it
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