"Il mio animo restava in quell'inverno in potere di due fantasmi...la lode che mi si annunciava dalla poesia...e la rivoluzione, dietro a cui parevami stare un avvenire di fortune a perdita di vedute."
(Gerolamo De Rada)
Busto di De Rada. Chiostro del collegio San Adriano |
Nel 1734, con la erezione del Collegio Corsini, in San Benedetto Ullano (Cs), voluta dalla famiglia Rodotà, poi trasferito, per opera del vescovo Bugliari, nel
Collegio greco italo albanese San Adriano - San Dementrio Corone (CS) |
Gerolamo
De Rada venne alla luce a Macchia Albanese, frazione di San Demetrio Corone, il
29 novembre del 1814, piccola colonia epirotica di Calabria, scrive il poeta
nella sua autobiografia, “sito sopra un colle aprìco d'incontro al mare Jonio. Mia madre di casta Braile, allora erede di due
antiche famiglie, Avati e Skiglizi, era nata nella vicina colonia di Strigari
(San Cosmo Albanese). Gli antenati di mio padre erano forse da un Pietro
Antonio Rada d'Albania."
Il
padre era parroco di rito greco bizantino e professore di Lingua e Letteratura
Greca nel Collegio Italo Albanese di San Adriano, dove egli, giovinetto fu
avviato agli studi classici. Vi ebbe, qui, compagni di studi, Domenico Mauro,
Demetrio Strigari e Achille Frascino, personaggi che come egli diedero lustro
all'Arberia nel corso di diversi decenni.
Quando
il De Rada entrò per compiervi gli studi, quel Collegio, per via delle stragi borboniche
avvenute nel 1799, era divenuto - come scrive il De Cesare - " un
vivaio di giovani esaltati di sentimenti di libertà, da reminiscenze classiche,
da un senso di idolatria per la rivoluzione francese e da un desiderio
indistinto di tempi nuovi".
In
quello stabilimento di educazione, quindi oltre ai libri strettamente
scolastici, veniva venivano letti anche testi di letteratura straniera, ove
prediletti erano quelli di epica, di filosofia transalpina e della poesia del
Byron. L'influenza byroniana nel Collegio fu determinante perché valse ad
aprire le menti di quei giovani studenti; lo stesso De Rada attraversò la sua testimonianza autobiografa ci informa
che il Collegio Italo Greco agì da tramite alla conoscenza ed alla diffusione
della cultura europea. L'apertura ai "libri nuovi" comprese le opere
del Byron; fu determinante anche per la nascita, in quel luogo del
"Romanticismo Calabrese": infatti la maggior parte di quella corrente
era stata educata fra quelle mura: Giannone, Miraglia, Baffi e Mauro,
quest'ultimo considerato da Francesco De Sanctis il caposcuola.
In
quel periodo, giovanissimo, compose in lingua italiana in terzine il poemetto
"Odissea" in quattro canti, purtroppo andato perduto. Terminati gli
studi al San Adriano, decise, saggiamente, prima di intraprendere gli studi universitari,
di distendersi, meditando nella sua Macchia. Questo periodo - scrive G. Carlo
Siciliano - si dimostrò di fondamentale importanza sia sotto l'aspetto
esistenziale che sotto quello artistico. Affinò gli studi di cultura orale
albanese, compilando una ricca serie di canti tradizionali raccolti dalla viva
voce delle donne e dei contadini delle limitrofe comunità arbëreshe.
Nel
1834 si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza a Napoli, dove nel 1836,
scrisse e pubblicò il "Milosao", poesie albanesi del XV secolo, Canti
del Milosao figlio del signore di Scutari. Nella capitale del Regno venne
accolto dai suoi amici e compagni di studio al liceo, Achille Frascino di Firmo
e Demetrio Strigari di San Demetrio Corone. Attraverso costoro conobbe
Benedetto Musolino, fondatore dei "Figliuoli della Giovane Italia",
che lo stesso De Rada considerò, in un primo tempo, come collaboratore del
Mazzini nella capitale del Regno delle Due Sicilie.
Nel
1848 fondò il giornale "L'Albanese d'Italia", primo organo di stampa
albanese, attraverso il quale si prodigò a divulgare, con veemenza, le idee
liberali per la difesa dei diritti sociali e della giustizia nell'Italia
Meridionale.
Le
relazioni che intercorsero fra lui e liberali in Napoli e l'attività politica
antiborbonica, gli cagionarono un mese di carcere. Liberato, lasciò Napoli per
raggiungere la sua terra natia, dove un anno dopo, nel 1849 ottenne la
istituzione e la cattedra di Lingua Albanese nel Collegio San Adriano, che gli venne
tolta da lì a poco per avere cospirato nei moti del '48. Iniziò intanto, in
questo periodo, una intensa attività propagandistica per l'affermazione dei
diritti del popolo albanese e per la sua rinascita politica e culturale, considerandola
utile ai fini dell’indipendenza della madrepatria ancora soggiogata dal dominio
turco. Oltre all'attività politica, il De Rada, si prodigò molto anche sotto il
profilo strettamente letterario, trovando nuovi impulsi creativi, sa negli
studi di albanologia, che in quelli di carattere storico. Nel 1861 gli viene
conferita la Croce
di Cavaliere dell'Ordine Mauriziano per i servigi alla causa italiana. L'anno
successivo pubblica i " Principi di Estetica".
Nel
periodo fra il 1883 - 87, fondò e pubblicò a Cosenza la rivista politica e
letteraria "Fjamuri Arberit" (il Vessilo Albanese), il primo organo
stampato che iniziò a denunciare le irregolarità politiche delle potenze
europee, dopo il Congresso di Berlino, riguardo la spartizione del territorio
albanese. Il De Rada - aggiunge Carlo G. Siciliano - gridò con sdegno contro la
logica spartitoria delle superpotenze europee e dell'imperialismo serbo,
facendosi portavoce della mortificazione del popolo albanese, che si vedeva,
ancora dopo secoli di dominazione e vessazioni, soggiogato e diviso.
Attraverso
la rivista "Fjamuri Arberit", il Nostro ripubblicò le Rapsodie di
un poema albanese raccolte nelle colonie del Napoletano, già pubblicate nel
1866 nella tipografia Bencini di Firenze e La Caduta della Reggia d'Albania.
Nel
1889 viene ripristinata la cattedra di Lingua Albanese al San Adriano ed egli
ne ridivenne titolare fino agli ultimi giorni della sua esistenza.
Nel
1899, in
occasione del XII Congresso degli Orientalisti, svoltosi a Roma, il Vate
dell'Arberia, pur avanti con l'età, offrì un notevole contributo con la sua
relazione: "Caratteri della Lingua Albanese nell'età preistorica".
Nello stesso anno fu costretto, per cagioni di salute, a rifiutare la cattedra
di Lingua e Letteratura Albanese presso l'Orientale di Napoli.
Nel
1884 pubblica il suo ultimo libro dello Skanderbeg; nel '91 il dramma storico
"Sofonisba"; nel '98 il poema "Specchio di umano
transito".
Fu
organizzatore e presidente dei due Congressi degli Albanesi d'Italia, svoltisi
a Corigliano nel 1895 e due anni dopo a Lungro.
Un
aspetto particolare mi ha folgorato leggendo la sua autobiografia: "Quando
entrai da alunno al San Adriano, nulla io sapea della lingua italiana; per
molto tempo fui sempre l'ultimo della classe!" Sì era un vero
Arbereshe!
La
tradizione popolare - come scrive il Cassiano - ancora ricorda che, quando la
bara del Poeta veniva trasportata al cimitero di San Demetrio Corone e passava
nei pressi della palazzo di Domenico Mauro, il mandorlo fiorito dal soprastante
orto dei Mauro, gli riversò tutti i suoi fiori, come se la stessa natura
volesse onorare il Poeta, morto povero e in solitudine.
Bibliografia
essenziale
Cassiano
D., Risorgimento in Calabria, Figure e pensiero dei protagonisti Italo
Albanesi, Marco Editore Cosenza, 2003.
De
Rada G., Opera Omnia VIII (Autobiografia), Rubbettino Editore, 2007.
Siciliano
G.C., La
Diversità Arbereshe , Falco Editore, Cosenza, 2009.
Nessun commento:
Posta un commento