La castanicoltura nell’Arberia del
XVIII secolo. Estratto dai Catasti Onciari
di
Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro
La Calabria nel corso del
Settecento, dopo la Toscana, era la regione d'Italia che produceva la maggiore
quantità di castagne. Come pianta boschiva essa, ancora oggi, si attesta nella
Regione, nelle zone montuose e nelle alte colline del Pollino, della Costiera
Paolana, della Sila e dell’Aspromonte.
Gabriele
Barrio de Francica, nel XVI secolo, nelle sue illustrazioni sulla Calabria,
attesta il castagno in diverse zone della Calabria Citra, come a Saracena,
Malvito, San Marco, che abbondano “d’ulive,
di quercie, di noci, di castagne, di suberi e di ilici.”1
Sicuramente
il castagno, sia da frutto, quindi innestato, che da legname, costituiva una
non trascurabile fonte di reddito per le popolazioni e, Giovanni Fiore, al
riguardo, alla fine del Seicento, ne fa ampia menzione: “Motta Folono sunt castaneta, sed et castaneae insitae sunt, Faggiano
exuberat castaneis insitis, Lattarico castaneae ex insitis arboribus laudantur,
Menecino castaneae optimae, quas insitas
vocant.”2
Nella zona tra San Fili e San Marco -
scrive Vincenzo Padula – alcuni castagni potevano raggiungere anche la
circonferenza di 15 metri e che nelle sue “cupogne”
vi potevano entrare tre persone a cavallo.3
Giovanni Fiore tra la fine del 600 e
gli inizi del 700 indicava due specie di frutto del castagno: le picciole che piegano al tondo, e le
lunghe che dicono inserte, queste ultime utilizzate per il consumo umano.4
A metà del 1800, il Padula, dipendentemente dai luoghi di coltura, così selezionava le varietà delle castagne: in ruggiole reali, curce e ‘nzite a Carpanzano; a Bocchigliero in curce e ‘nzerte; a tra Fagnano e San Marco curce e ‘nzerte (nel Catasto Onciario di Cerzeto, infatti, ritroviamo le castagne curcie ed inserte).5
Nelle zone dove maggiore era la
produzione delle castagne, esse costituivano, anche se considerato cibo povero
per singolarità, un alimento primario, sostitutivo del cereale più importante
come il grano. Non era raro che nelle zone di montagna i mulini ad acqua
producessero farina dalle castagne essiccate, la quale mischiata con quella del
grano germano e qualche volta con frumentone vario, veniva utilizzata per la
panificazione.6
Le castagne venivano consumate in vario modo: potevano essere lessate o arrostite, con le bucce o senza; da sole o con i legumi erano preparate in minestra; anche una volta essiccate le si poteva cuocere nel brodo o nel latte.7 Non era raro fino a qualche decennio fa, che i montanari, scendessero a valle per barattare le castagne con altri prodotti loro mancanti, come i cereali atti alla panificazione e l’olio di oliva.
Inoltre, dove maggiore era la
produzione di castagne, più intensivo era l’allevamento dei suini, infatti le
donne, nelle zone montane della Calabria Citra, pestavano le castagne
essiccate, generalmente curce, per
alimentare le purchie, ossia le scrofe.8
Quindi
il frutto del castagno risultava essere anche un alimento essenziale per gli
animali.
L’importanza del castagno era legata anche al
pregio del legname, che si faceva apprezzare per resistenza all’umidità,
compattezza, elasticità, infatti da questa pianta si ricavavano pali e sostegni
per la viticoltura; venivano fabbricati attrezzi da lavoro ( manici per zappe,
rastrelli, asce, gioghi per buoi); per la sua elasticità lo stesso legname
veniva utilizzato per la costruzione di botti, tini, cerchi, doghe, misuratori
di capacità per aridi (tomolo, stuppello, mezzetto) ed infine, per
la sua resistenza, per la costruzione di porte, finestre, tetti e solai.9
Note
1 Gabriele
Barrio di Francica, De antiquitate et situ Calabrie libri quinque, Libro I,
pagg. 98-113.
2 Giovanni Fiore, Della
Calabria illustrata (ristampa anastatica 1691-1743). Edizione Forni, Napoli
1980. Tomo I, pag. 102-113.
3 V. Padula, Calabria
prima e dopo l'Unità, a cura di A. Marinari, Bari, 1977, vol. I, pp. 142- 143.
4 V. Padula, Calabria
prima e dopo l'Unità, a cura di A. Marinari, Bari, 1977, vol. I, pp. 142- 143.
5 V. Padula, Calabria
prima e dopo l'Unità, a cura di A. Marinari, Bari, 1977, vol. I, pp. 142- 143.
6 Giuseppe Maria Galanti,
Giornale di viaggio in Calabria, a cura di L. Addante, Rubbettino editore 2008,
p. 256.
7 G. Cherubini, La
civiltà del castagno in Italia alla fine del Medioevo, in Archeologia
Medievale, cultura materiali insediamenti n. 8, 1981, pp. 264-265
8 V. Padula, Calabria,
cit., pp.142-144.
9 Giovanni Cherubini, La “civiltà” del castagno
in Italia alla fine del Medioevo, in Archeologia medievale, cultura materiali
insediamenti n. 8, 1981 pp. 249-251;
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