( di Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro)
Uno degli ultimi e più autorevoli testimoni e attori di più di mezzo secolo di storia del Positivismo filosofico e del Rinnovamento scolastico. Tutti vennero conquistati dalla reverenza che spirava da quell'esile figura dal pallido volto raggiante di intelligenza e di bontà.
Era nato, Camillo Vaccaro, a Lungro ( CS ) nell'Arberia Calabrese, nel marzo del 1864 e aveva fatto i suoi primi studi alla scuola privata di un suo zio prete ex professore del Collegio Italo Albanese di San Demetrio Corone, che costretto ad assentarsi per gli uffici religiosi, lo lasciava a sorvegliare gli alunni, distogliendolo dalla cura dei poderi familiari. Presto lo zio prete comprese le sue attidtudini e la sua genialità e gli fece abbandonare le cure agricole, sicchè con un biennio integrativo, egli potè conseguire nel 1884 il diploma di insegnante a Rossano dove fu vincitore di una borsa di studio. Si diede all'insegnamento nella scuola pubblica di Lungro, ma vi ebbe nel contempo una fiorente scuola media privata, dove, per oltre un quarantennio, insegnò ai figli e fino ai nipoti degli antichi allievi. Tutto ciò non gli impedì di dedicarsi, con il massimo impegno, e per un puro godimento dello spirito, agli studi più severi, svolgendo una imponente attività di pubblicista e conferenziere. Non ebbe ambizioni e preferì continuare il diretto insegnamento che lo appassionava, anche quando i meriti acquisiti avrebbero potuto assicurargli una luminosa carriera.
Formata la propria cultura filosofica nel periodo storico del positivismo, ne aveva assorbito la dottrina e ad essa si era mantenuto fedele sino all'ultimo, conformando ogni atto della sua vita alla severità dei suoi princìpi, con una dirittura che s'imponeva al rispetto anche degli avversari. ra le sue opere vanno ricordate: " La Pedagogia fra le due Morali" cioè quella del Manzoni e quella dell'Ardigò (1905); "Osservazioni sulla morale Cattolica"; " La morale dei positivisti", dove l'Ardigò ebbe a scrivergli: "Quanta solidità e maturità di mente! solidità e maturità davvero invidiabili! Nel 1893 a Parma pubblicò l'opera" Lateneide, o voci nel deserto per lo svecchiamento delle scuole classiche" per cui divenne carissimo a Cesare Lombroso e a Filippo Turati ( esistono copie di missive intercorse fra il Vaccaro e costoro). Collaborò con il Giornale di Napoli dal 1902 al 1930, pubblicando significativi articoli riguardanti, oltre la problematica della scuola, anche quella degli Albanesi d'Italia. Ritiratosi in pensione nel 1930, si trasferì a Roma, dove il figlio svolgeva l'attività di magistrato e anche in Roma continuò ad esercitare l'insegnamento gratuitamente ai figli delle famiglie meno abbienti sempre con immutato entusiasmo, che gli derivava dalla facoltà di comunicare agli alunni non solo i fondamenti del sapere , ma anche e soprattutto gli elementi formativi del carattere e della coscienza. Morì a Roma compianto dal suo paese natìo e da tutta l'Arberia intellettuale, il 14 dicembre del 1955.
Era nato, Camillo Vaccaro, a Lungro ( CS ) nell'Arberia Calabrese, nel marzo del 1864 e aveva fatto i suoi primi studi alla scuola privata di un suo zio prete ex professore del Collegio Italo Albanese di San Demetrio Corone, che costretto ad assentarsi per gli uffici religiosi, lo lasciava a sorvegliare gli alunni, distogliendolo dalla cura dei poderi familiari. Presto lo zio prete comprese le sue attidtudini e la sua genialità e gli fece abbandonare le cure agricole, sicchè con un biennio integrativo, egli potè conseguire nel 1884 il diploma di insegnante a Rossano dove fu vincitore di una borsa di studio. Si diede all'insegnamento nella scuola pubblica di Lungro, ma vi ebbe nel contempo una fiorente scuola media privata, dove, per oltre un quarantennio, insegnò ai figli e fino ai nipoti degli antichi allievi. Tutto ciò non gli impedì di dedicarsi, con il massimo impegno, e per un puro godimento dello spirito, agli studi più severi, svolgendo una imponente attività di pubblicista e conferenziere. Non ebbe ambizioni e preferì continuare il diretto insegnamento che lo appassionava, anche quando i meriti acquisiti avrebbero potuto assicurargli una luminosa carriera.
Formata la propria cultura filosofica nel periodo storico del positivismo, ne aveva assorbito la dottrina e ad essa si era mantenuto fedele sino all'ultimo, conformando ogni atto della sua vita alla severità dei suoi princìpi, con una dirittura che s'imponeva al rispetto anche degli avversari. ra le sue opere vanno ricordate: " La Pedagogia fra le due Morali" cioè quella del Manzoni e quella dell'Ardigò (1905); "Osservazioni sulla morale Cattolica"; " La morale dei positivisti", dove l'Ardigò ebbe a scrivergli: "Quanta solidità e maturità di mente! solidità e maturità davvero invidiabili! Nel 1893 a Parma pubblicò l'opera" Lateneide, o voci nel deserto per lo svecchiamento delle scuole classiche" per cui divenne carissimo a Cesare Lombroso e a Filippo Turati ( esistono copie di missive intercorse fra il Vaccaro e costoro). Collaborò con il Giornale di Napoli dal 1902 al 1930, pubblicando significativi articoli riguardanti, oltre la problematica della scuola, anche quella degli Albanesi d'Italia. Ritiratosi in pensione nel 1930, si trasferì a Roma, dove il figlio svolgeva l'attività di magistrato e anche in Roma continuò ad esercitare l'insegnamento gratuitamente ai figli delle famiglie meno abbienti sempre con immutato entusiasmo, che gli derivava dalla facoltà di comunicare agli alunni non solo i fondamenti del sapere , ma anche e soprattutto gli elementi formativi del carattere e della coscienza. Morì a Roma compianto dal suo paese natìo e da tutta l'Arberia intellettuale, il 14 dicembre del 1955.
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