PASQUALE STEFANO BAFFI Ministro della Repubblica Partenopea - I grandi personaggi dell'Arberia Italiana
In tutti i rivolgimenti storici dell'ordine civile. delle istituzioni e delle situazioni politiche che si susseguirono dalla fine del XVIII alla metà del XIX secolo, numerosa e determinante risultò la partecipazione degli Albanesi d'Italia.
Chi voglia spiegarsi gli avvenimenti, più o meno prodigiosi del 1860, non può obliare quelli delle rivoluzioni del "99, del "20 e del "48, perchè, sebbene informate a concetti differenti, quelle rivoluzioni furono episodi della stessa epopea.
La repentina caduta della Repubblica Partenopea, determinò i luttuosi fatti della reazione borbonica del "99 e il movimento già iniziato non potè non ricevere un forte impulso dal sangue degli innocenti che furono allora tratti al patibolo. Le orde organizzate dal cardinale Ruffo e dirette da Pronio, Fra Diavolo, Mammone e da altre figure di dubbia integrità morale e civile, restaurarono il governo borbonico, compiendo stragi inaudite , specialmente in Calabria, nei luoghi dove incontrarono resistenza; il Borbone (più che Ferdinando, Maria Carolina e il " suo" primo ministro Acton) colmò a Napoli la misura, mandando a morte quanto di meglio aveva allora la città:
giuristi, medici,letterati, generali, nobildonne e nobili giovani. Così che, se le repubbliche sorte allora in Italia scomparvero in un baleno, "la partenopea- osserva il Carducci- si lasciò dietro la voce de' suoi grandi morti chiedenti ai posteri giustizia contro la perfidia e la scelleratezza borbonica", e la coscienza liberale che si venne formando nel Regno di Napoli, dopo quelle stragi,fu anti borbonica.E' d'uopo ricordare uno dei più importanti protagonisti della Repubblica Partenopea: Pasquale Stefano Baffi.
Venne alla luce terrena, Italo Albanese, in Santa Sofia d'Epiro, paese albanofono della provincia cosentina, l'11 luglio del 1749, dalla cristiana ed amorevole unione di Giovanni Andrea e Serafina Baffi. Mandato a studiare nel rinomato Collegio Italo Greco di San Benedetto Ullano, dove con paterna benevolenzadel Vescovo Sandemetrese, Giacinto Archiopoli, compì gli studi classici con esemplare profitto, venendo sommamente ammaestrato nelle lettere greche, per le quali venne considerato, in seguito, come il più insigne ellenista dell'affascinante periodo dell'Illuminismo Napoletano.Alla giovane età di vent'anni, emergendo fra altre eccelsi menti, superando brillantemente un concorso, si meritò la cattedra di lingua e letteratura greca nella Regia Scuola di Salerno, elevata, proprio in quel periodo, a istituzione universitaria. Da Salerno, il Baffi mantiene i suoi legami con la terra di origine, intrecciando una fitta corrispondenza con intellettuali calabresi e calabro albanesi, particolarmente con il cugino Mons. Francesco Bugliari, sostenendolo notevolmente per ottenere il trasferimento del Collegio Italo Greco da San Benedettto Ullano a San Demetrio Corone.Presta molta attenzione ai movimenti culturali del tempo e ai dibattiti, che si svolgono nei circoli intellettuali della capitale, dove viene introdotto dal suo parente Giuseppe Bugliari, cappellano del Real Reggimento Macedone, il quale sia per la carica ricoperta sia perchè era cultore di un qualche valore della letteratura e della lingua greca, vantava discrete conoscenze ed amicizie fra gli intellettuali napoletani, in modo particolare quegli intellettuali filo-ellenici, che allora riponevano nella zarina Caterina II le speranze della libertà della Grecia.
Conosciuto ormai ed apprezzato, particolarmente stimato da Nicola Ignarra, uno dei maggiori eruditi napoletani del 700( quest'ultimo presenziò il concorso per esami nel 1791 per la nomina del Presidente del Collegio Italo Greco, concorso a cui parteciparono Francesco Bugliari, Domenico Damis arciprete di Lungro, Vincenzo Gangale di Firmo, Antonio Roseti di Frascineto, Guglielmo Tocci di San Cosmo ed altri), il Baffi, il 17 ottobre del 1773 ottenne la cattedra della Lingua Superiore Latina e della Lingua e Letteratura Greca nelle Reali Scuole Militari della Nunziatella. Durante la sua permanenza a Napoli ebbe modo di conoscere i maggiori intellettuali del tempo e due anni dopo, aderendo alla loggia massonica la "Vittoria", con Cirillo, Pagano, Caracciolo, Pacifico e Tommasi, con palese ingiustizia, subì il carcere per quaranta giorni. Prosciolto per mancanza di prove, riguardo l'accusa di tentata eversione all'ordine costituito, nel 1799 venne prescelto come socio residente dell'Accademia delle Scienze e delle Belle Lettere di Napoli, divenendone l'anno successivo, Primo Bibliotecario.Dotto grecista e autodidatta in filologia classica e paleografia; trascrisse e tradusse in quel periodo, 112 pergamene greche dell'XI e del XII secolo rinvenute a Capua. Nel periodo sucessivo, pur tra ristrettezze economiche, il Baffi indirizzò i suoi interessi, da una parte allo studio dei numerosi manoscritti della Biblioteca Reale e di quella di San Giovanni a Carbonara e, dall'altra, all'approfondimento delle sue conoscenze di storia, diritto, etica e politica, attraverso i testi del Vico, del Montesquieu e del francese Gabriel Bonnot de Mably. Filologia, diritto e politica, quindi, unificate nella ricerca del vero attraverso una metodologia che postulava e riaffermava la l'autonomia della ragione anche negli ordinamenti politici, che andavano svecchiati dalle sovrastrutture e dalle incrostazioni,che vi avevano apportato la tela degli abusi feudali, consolidatisi nel tempo. Ed il Baffi portò il suo notevole contributo al dibattito, allora attuale sui pretesi diritti feudali, dimostrandone l'oggettiva e chiara inconsistenza proprio in virtù della sua perizia di filologo e della profonda conoscenza, acquisita nella diplomatica latina e greca.
Con regio decreto del 1787, fu inviato a Catanzaro ad assumere il delicato incarico di dirigente il Registro e l'Archivio della Cassa Sacra, con lo specifico incarico di tradurre antichi documenti inerenti gli ex beni ecclesiastici, ormai incamerati dal Regio Demanio.Nello stesso anno venne nominato socio dell'Accademia Ercolanese e di essa Bibliotecario, intrerpretando e traducendo la maggior parte dei famosi " PAPIRI ERCOLANESI". Per la sua incommensurabile valenza negli studi di filologia greca, venne definito dai maggiori umanisti europei come Cristoforo Harles, il conte russo Orloff, gli italiani De Sanctis, Vincenzo Cuoco, Nicola Ignarra ed altri, come il più grande ellenista del tempo. Friedrich Munter, famoso teologo ed orientalista danese, uno dei massimi rappresentanti della Massoneria europea, nei suoi diari napoletani del 1785 così descrisse il Baffi dopo averlo ben conosciuto: "a buon diritto l'unico uomo interessante che io abbia incontrato. Egli non è napoletano, non è calabrese, ma è albanese della colonia che più di trecento anni fa è venuta nel Regno dall'Albania; il suo genio è nutrito dello spirito degli antichi, specialmente dei Greci. Egli è un uomo nobile e onesto che non sa fare un passo che possa disonorarlo e con sguardo superiore osserva dall'alto la moltitudine servile che gli sta sulla strada e ostacola la sua fortuna". Nel 1797 cintrasse matrimonio con la nobildonna napoletana Teresa Caldora, che offrì immenso sostegno spirituale al Nosro, durante la tribolazione del carcere cui seguì la deplorevole esecuzione patibolare.Da questa pia ed amorevole unione nacquero due figli , teneramente chiamati dal padre " Ninno e Nenna". Oltre a ricoprire quegli onorevoli incarichi, d cui proma abbiamo fatto cenno, più onorifiche che compensatrici per la prestazione d'opera, svolse attività forense, con notevoli risultati. Nel 1799, necessitando la sua partecipazione, parteggiò, con i suoi migliori amici, Albanese,Lauberg, Cirillo, Pagano ed altri,per la nascente Repubblica Partenopea, dove portò la parte migliore di sè. Nel Governo Provvisorio fu Presidente dell'Amministrazione Interna ( attuale Ministero degli Interni), che coadiuvato dal Segretario Generale Giuseppe Gaja, in data 26 piovoso ( febbraio), evidenziando il suo forte attaccamento alla religione, sottoscrisse il seguente provvedimento ministeriale. "Il Governo Provvisorio, considerando che un popolo, il quale, tratto dalla schiavitù alla libertà, non possa dirsi completamente rinato, ad uno stato così felice se istruzioni uniformi di dura morale e di vero patriottismo, non formino egualmente in tutti gli individui, lo spirito e il costume pubblico, verso sostegno delle buone leggi; e venuto a disporre che questo Comitato dell'Interno, formi una commissione di sei ecclesiastici per costumi e per dottrina riputati, i quali dovranno dirigere le predicazioni ed intrusioni che debba fare il Clero secolare regolare; dovranno formare nel più breve tempo un Catechismo di morale all'intelligenza di tutto il popolo, presentarlo a questo Comitato per l'approvazione, e quindi farlo insegnare in tutti i luoghi vigilando sulla condotta degli ecclesiastici per l'esatto adempimento di tali oggetti di pubblica istruzione e dell'intelligenza dell'Ordinario locale, il quale dovrà significare il voto della commissione e sospendere le persone poco abili all'esercizio di tali funzioni."
Con la caduta, dell'effimera esistenza, della Repubblica Partenopea, , il 28 luglio del 1799, il Baffi fu tratto in arresto in una casa di Campagna di Pianura, presso Napoli, con il proprietario di essa, Angelo Masci, nipote di lui ed insigne giurista, anch'egli italo albanese e reo di stato.
Entrambi condotti nelle carceri della Vicaria, furono dal giudice Speziale trattati come gli ultimi dei malviventi. Più tenue furono le sofferenze del Masci, che a differenza di quelle del Baffi, seppur consolato dalle amorevoli missive della moglie, subì una carcerazione preludente la pena capitale.La sua alta figura morale- scive il Cassiano- anche in prossimità della morte, si staglia, così, netta e solenne, invocando da perseguitato, l'amore e la preghiera per i persecutori.Come Socrate- aggiunge ancora il Cassiano- nel carcere, in attesa della morte, con i suoi compagni, il Cirillo, il Poerio, il Logoteta, il Conforti, discettava sull'immortalità dell'anima, messa in discussione dalle argomentazioni del matematico Annibale Giordani.
La notte dell'otto novembre del 1799, il Baffi venne trasferito dal carcere della Vicaria al Castello del Carmine e tre giorni dopo, la Confraternita dei Bianchi lo accompagnò al patibolo. L'esecuzione avvenne in modo raccapricciante, secondo la testimonianza di Diomede Marinelli: " Nel solito luogo del Mercato è stato afforcato l'uomo dotto, e Bibliotecario D. Pasquale Baffi. Nel buttarlo giù il carnefice , si è sciolto ed è stato afforcato la seconda volta. Con la sua morte si è perso l'uomo dotto nella Letteratura Greca, e l'uomo affabile ed amico. Era di bassa statura, brunetto di faccia, ed ha lasciato due figli. Era l'unico nella Letteratura Greca, sapendone gli diversi linguaggi, che parlava bene, i diversi caratteri, e le diverse cifre.
Da un'ultima ricerca svolta da Atanasio Pizzi, attraverso un manoscritto dell'epoca si legge: " fu anche scannato per essere cattivamente afforcato."
Alessandro Dumas, padre, nell'averlo profondamente conosciuto, scrisse di lui nella sua opera " I Borbone di Napoli, LibroIV capitolo VIII:
Confortato dalla avita fede cristiana, così filosofando, crudelmente diede l'Anima a Dio da Grande Figlio delle Aquile.
Benedetto Croce, qualche secolo più tardi, ebbe a scrivere:" Baffi faceva parte di quella schiera di intellettuali del Mezzogiorno che, rifecero sè stessi mercè la cultura e il pensiero, crearono a sè stessi una patria, e sono i veri e i soli nostri progenitori politici".
Chi voglia spiegarsi gli avvenimenti, più o meno prodigiosi del 1860, non può obliare quelli delle rivoluzioni del "99, del "20 e del "48, perchè, sebbene informate a concetti differenti, quelle rivoluzioni furono episodi della stessa epopea.
La repentina caduta della Repubblica Partenopea, determinò i luttuosi fatti della reazione borbonica del "99 e il movimento già iniziato non potè non ricevere un forte impulso dal sangue degli innocenti che furono allora tratti al patibolo. Le orde organizzate dal cardinale Ruffo e dirette da Pronio, Fra Diavolo, Mammone e da altre figure di dubbia integrità morale e civile, restaurarono il governo borbonico, compiendo stragi inaudite , specialmente in Calabria, nei luoghi dove incontrarono resistenza; il Borbone (più che Ferdinando, Maria Carolina e il " suo" primo ministro Acton) colmò a Napoli la misura, mandando a morte quanto di meglio aveva allora la città:
giuristi, medici,letterati, generali, nobildonne e nobili giovani. Così che, se le repubbliche sorte allora in Italia scomparvero in un baleno, "la partenopea- osserva il Carducci- si lasciò dietro la voce de' suoi grandi morti chiedenti ai posteri giustizia contro la perfidia e la scelleratezza borbonica", e la coscienza liberale che si venne formando nel Regno di Napoli, dopo quelle stragi,fu anti borbonica.E' d'uopo ricordare uno dei più importanti protagonisti della Repubblica Partenopea: Pasquale Stefano Baffi.
Venne alla luce terrena, Italo Albanese, in Santa Sofia d'Epiro, paese albanofono della provincia cosentina, l'11 luglio del 1749, dalla cristiana ed amorevole unione di Giovanni Andrea e Serafina Baffi. Mandato a studiare nel rinomato Collegio Italo Greco di San Benedetto Ullano, dove con paterna benevolenzadel Vescovo Sandemetrese, Giacinto Archiopoli, compì gli studi classici con esemplare profitto, venendo sommamente ammaestrato nelle lettere greche, per le quali venne considerato, in seguito, come il più insigne ellenista dell'affascinante periodo dell'Illuminismo Napoletano.Alla giovane età di vent'anni, emergendo fra altre eccelsi menti, superando brillantemente un concorso, si meritò la cattedra di lingua e letteratura greca nella Regia Scuola di Salerno, elevata, proprio in quel periodo, a istituzione universitaria. Da Salerno, il Baffi mantiene i suoi legami con la terra di origine, intrecciando una fitta corrispondenza con intellettuali calabresi e calabro albanesi, particolarmente con il cugino Mons. Francesco Bugliari, sostenendolo notevolmente per ottenere il trasferimento del Collegio Italo Greco da San Benedettto Ullano a San Demetrio Corone.Presta molta attenzione ai movimenti culturali del tempo e ai dibattiti, che si svolgono nei circoli intellettuali della capitale, dove viene introdotto dal suo parente Giuseppe Bugliari, cappellano del Real Reggimento Macedone, il quale sia per la carica ricoperta sia perchè era cultore di un qualche valore della letteratura e della lingua greca, vantava discrete conoscenze ed amicizie fra gli intellettuali napoletani, in modo particolare quegli intellettuali filo-ellenici, che allora riponevano nella zarina Caterina II le speranze della libertà della Grecia.
Conosciuto ormai ed apprezzato, particolarmente stimato da Nicola Ignarra, uno dei maggiori eruditi napoletani del 700( quest'ultimo presenziò il concorso per esami nel 1791 per la nomina del Presidente del Collegio Italo Greco, concorso a cui parteciparono Francesco Bugliari, Domenico Damis arciprete di Lungro, Vincenzo Gangale di Firmo, Antonio Roseti di Frascineto, Guglielmo Tocci di San Cosmo ed altri), il Baffi, il 17 ottobre del 1773 ottenne la cattedra della Lingua Superiore Latina e della Lingua e Letteratura Greca nelle Reali Scuole Militari della Nunziatella. Durante la sua permanenza a Napoli ebbe modo di conoscere i maggiori intellettuali del tempo e due anni dopo, aderendo alla loggia massonica la "Vittoria", con Cirillo, Pagano, Caracciolo, Pacifico e Tommasi, con palese ingiustizia, subì il carcere per quaranta giorni. Prosciolto per mancanza di prove, riguardo l'accusa di tentata eversione all'ordine costituito, nel 1799 venne prescelto come socio residente dell'Accademia delle Scienze e delle Belle Lettere di Napoli, divenendone l'anno successivo, Primo Bibliotecario.Dotto grecista e autodidatta in filologia classica e paleografia; trascrisse e tradusse in quel periodo, 112 pergamene greche dell'XI e del XII secolo rinvenute a Capua. Nel periodo sucessivo, pur tra ristrettezze economiche, il Baffi indirizzò i suoi interessi, da una parte allo studio dei numerosi manoscritti della Biblioteca Reale e di quella di San Giovanni a Carbonara e, dall'altra, all'approfondimento delle sue conoscenze di storia, diritto, etica e politica, attraverso i testi del Vico, del Montesquieu e del francese Gabriel Bonnot de Mably. Filologia, diritto e politica, quindi, unificate nella ricerca del vero attraverso una metodologia che postulava e riaffermava la l'autonomia della ragione anche negli ordinamenti politici, che andavano svecchiati dalle sovrastrutture e dalle incrostazioni,che vi avevano apportato la tela degli abusi feudali, consolidatisi nel tempo. Ed il Baffi portò il suo notevole contributo al dibattito, allora attuale sui pretesi diritti feudali, dimostrandone l'oggettiva e chiara inconsistenza proprio in virtù della sua perizia di filologo e della profonda conoscenza, acquisita nella diplomatica latina e greca.
Con regio decreto del 1787, fu inviato a Catanzaro ad assumere il delicato incarico di dirigente il Registro e l'Archivio della Cassa Sacra, con lo specifico incarico di tradurre antichi documenti inerenti gli ex beni ecclesiastici, ormai incamerati dal Regio Demanio.Nello stesso anno venne nominato socio dell'Accademia Ercolanese e di essa Bibliotecario, intrerpretando e traducendo la maggior parte dei famosi " PAPIRI ERCOLANESI". Per la sua incommensurabile valenza negli studi di filologia greca, venne definito dai maggiori umanisti europei come Cristoforo Harles, il conte russo Orloff, gli italiani De Sanctis, Vincenzo Cuoco, Nicola Ignarra ed altri, come il più grande ellenista del tempo. Friedrich Munter, famoso teologo ed orientalista danese, uno dei massimi rappresentanti della Massoneria europea, nei suoi diari napoletani del 1785 così descrisse il Baffi dopo averlo ben conosciuto: "a buon diritto l'unico uomo interessante che io abbia incontrato. Egli non è napoletano, non è calabrese, ma è albanese della colonia che più di trecento anni fa è venuta nel Regno dall'Albania; il suo genio è nutrito dello spirito degli antichi, specialmente dei Greci. Egli è un uomo nobile e onesto che non sa fare un passo che possa disonorarlo e con sguardo superiore osserva dall'alto la moltitudine servile che gli sta sulla strada e ostacola la sua fortuna". Nel 1797 cintrasse matrimonio con la nobildonna napoletana Teresa Caldora, che offrì immenso sostegno spirituale al Nosro, durante la tribolazione del carcere cui seguì la deplorevole esecuzione patibolare.Da questa pia ed amorevole unione nacquero due figli , teneramente chiamati dal padre " Ninno e Nenna". Oltre a ricoprire quegli onorevoli incarichi, d cui proma abbiamo fatto cenno, più onorifiche che compensatrici per la prestazione d'opera, svolse attività forense, con notevoli risultati. Nel 1799, necessitando la sua partecipazione, parteggiò, con i suoi migliori amici, Albanese,Lauberg, Cirillo, Pagano ed altri,per la nascente Repubblica Partenopea, dove portò la parte migliore di sè. Nel Governo Provvisorio fu Presidente dell'Amministrazione Interna ( attuale Ministero degli Interni), che coadiuvato dal Segretario Generale Giuseppe Gaja, in data 26 piovoso ( febbraio), evidenziando il suo forte attaccamento alla religione, sottoscrisse il seguente provvedimento ministeriale. "Il Governo Provvisorio, considerando che un popolo, il quale, tratto dalla schiavitù alla libertà, non possa dirsi completamente rinato, ad uno stato così felice se istruzioni uniformi di dura morale e di vero patriottismo, non formino egualmente in tutti gli individui, lo spirito e il costume pubblico, verso sostegno delle buone leggi; e venuto a disporre che questo Comitato dell'Interno, formi una commissione di sei ecclesiastici per costumi e per dottrina riputati, i quali dovranno dirigere le predicazioni ed intrusioni che debba fare il Clero secolare regolare; dovranno formare nel più breve tempo un Catechismo di morale all'intelligenza di tutto il popolo, presentarlo a questo Comitato per l'approvazione, e quindi farlo insegnare in tutti i luoghi vigilando sulla condotta degli ecclesiastici per l'esatto adempimento di tali oggetti di pubblica istruzione e dell'intelligenza dell'Ordinario locale, il quale dovrà significare il voto della commissione e sospendere le persone poco abili all'esercizio di tali funzioni."
Con la caduta, dell'effimera esistenza, della Repubblica Partenopea, , il 28 luglio del 1799, il Baffi fu tratto in arresto in una casa di Campagna di Pianura, presso Napoli, con il proprietario di essa, Angelo Masci, nipote di lui ed insigne giurista, anch'egli italo albanese e reo di stato.
Entrambi condotti nelle carceri della Vicaria, furono dal giudice Speziale trattati come gli ultimi dei malviventi. Più tenue furono le sofferenze del Masci, che a differenza di quelle del Baffi, seppur consolato dalle amorevoli missive della moglie, subì una carcerazione preludente la pena capitale.La sua alta figura morale- scive il Cassiano- anche in prossimità della morte, si staglia, così, netta e solenne, invocando da perseguitato, l'amore e la preghiera per i persecutori.Come Socrate- aggiunge ancora il Cassiano- nel carcere, in attesa della morte, con i suoi compagni, il Cirillo, il Poerio, il Logoteta, il Conforti, discettava sull'immortalità dell'anima, messa in discussione dalle argomentazioni del matematico Annibale Giordani.
La notte dell'otto novembre del 1799, il Baffi venne trasferito dal carcere della Vicaria al Castello del Carmine e tre giorni dopo, la Confraternita dei Bianchi lo accompagnò al patibolo. L'esecuzione avvenne in modo raccapricciante, secondo la testimonianza di Diomede Marinelli: " Nel solito luogo del Mercato è stato afforcato l'uomo dotto, e Bibliotecario D. Pasquale Baffi. Nel buttarlo giù il carnefice , si è sciolto ed è stato afforcato la seconda volta. Con la sua morte si è perso l'uomo dotto nella Letteratura Greca, e l'uomo affabile ed amico. Era di bassa statura, brunetto di faccia, ed ha lasciato due figli. Era l'unico nella Letteratura Greca, sapendone gli diversi linguaggi, che parlava bene, i diversi caratteri, e le diverse cifre.
Da un'ultima ricerca svolta da Atanasio Pizzi, attraverso un manoscritto dell'epoca si legge: " fu anche scannato per essere cattivamente afforcato."
Alessandro Dumas, padre, nell'averlo profondamente conosciuto, scrisse di lui nella sua opera " I Borbone di Napoli, LibroIV capitolo VIII:
Confortato dalla avita fede cristiana, così filosofando, crudelmente diede l'Anima a Dio da Grande Figlio delle Aquile.
Benedetto Croce, qualche secolo più tardi, ebbe a scrivere:" Baffi faceva parte di quella schiera di intellettuali del Mezzogiorno che, rifecero sè stessi mercè la cultura e il pensiero, crearono a sè stessi una patria, e sono i veri e i soli nostri progenitori politici".
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